Il collettivo artistico militante lucchese - senza firma, senza alcune identità, senza palle per metterci la faccia - ha posto in essere un'azione che pur non condividendo sotto il profilo politico e del contenuto, è una sorta di provocazione che non produce danno alcuno al monumento in oggetto e lascia, comunque, un messaggio sul quale si può essere d'accordo o meno, ma che ha un significato. Molto meglio del monumento boiata che si trova poco distante e che è costato alla collettività, ringraziamo la Fondazione Carilucca, oltre 80 mila euro.
Ecco il testo del comunicato:
La notte tra il 7 e l’8 agosto abbiamo proiettato sulle Mura di Lucca la scritta “FREE GAZA”, un’azione necessaria per reagire all’orrore e per dire, qui e ora, da che parte stiamo. L’occupazione israeliana ai danni del popolo palestinese si protrae da decenni e, nelle ultime settimane, la violenza dell’esercito sionista si è fatta sempre più aspra. Sono le ore più drammatiche del genocidio palestinese: Israele ha annunciato l’occupazione totale della Striscia di Gaza ed è inammissibile che questo ennesimo massacro avvenga con la silenziosa complicità del resto del mondo.
Abbiamo scelto di intervenire con un gesto simbolico e visibile: un’enorme scritta di cento metri sulla parete monumentale delle Mura di Lucca.
Siamo un collettivo artistico e crediamo nel potere delle azioni creative per mantenere viva l’attenzione sul genocidio in corso. Verrà il momento in cui saremo tutte e tutti convocati davanti al tribunale della storia. I nostri figli e nipoti ci domanderanno: «cosa hai fatto per impedire il genocidio del popolo palestinese?».
Ognuno di noi è chiamato a fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per non lasciare cadere il silenzio su quanto accade
su una delle coste del nostro stesso mare. Le azioni di guerriglia creativa urbana sono alla portata di tutte e tutti. Pertanto invitiamo artisti e artiste, collettivi, associazioni, cittadine e cittadini a ideare e realizzare interventi artistico-creativi per chiedere la fine del genocidio in Palestina. Non possiamo arrenderci all’anestesia che permea il nostro presente.
Chiudiamo con le parole di Goffredo Fofi – intellettuale militante recentemente scomparso – che sentiamo nostre: «sono arrivato a fare una specie di decalogo in quattro punti: resistere, studiare, fare rete e […] rompere i coglioni».