"Battersi per il re di Prussia" è un espressione idiomatica che equivale a dire "lavorare così male da favorire l'avversario". Tale frase risale al periodo della guerra dei Sette anni (1756-1763) quando il generale francese Charles de Rohan fu sconfitto in maniera così disastrosa dai Prussiani da essere accusato di aver... combattuto per il nemico.
Ebbene, qualcuno dovrebbe far leggere questa pagina di storia al neo presidente americano Donald Trump. Che l'elezione del miliardario newyorkese avrebbe potuto causare sconquassi, in fondo, lo sapevano anche i pastori del Caucaso e gli sherpa dell'Himalaya, oltre che le decine di milioni di elettori statunitensi che hanno scelto quel candidato. Tuttavia chi lo ha votato ha ragionato di pancia ed è facile immaginare che così abbiano fatto anche i ceti popolari recatisi alle urne, stanchi dell'immigrazione incontrollata, delle guerre e dei costi diretti oppure indiretti che queste ultime comportano, della scarsa acculturazione che pervade ormai tutto il mondo nel terzo millennio.
Con loro lo avrà senz'altro fatto anche la massa di qualunquisti ai quali il parlare da "cow-boy" di Trump sarà apparso adeguato ed eufonico. In fondo, si sa: ciò che è reale è razionale, discende da una pluralità di fattori socio-culturali.Ne consegue che la scelta di fondo ha messo radici nell'insofferenza e nella perdita di idealità da parte degli statunitensi, orfani da tempo di quello spirito di difensori della libertà e della democrazia che pure li ha caratterizzati, per anni. Costoro hannno perso di vista la dottrina di intervenire laddove sono minacciati i valori liberal democratici, quella accogliente generosità verso i migranti grazie alla quale in tanti hanno trovato accoglienza e l’opportunità di poter coltivare il "sogno americano" di prosperare in quel lontano continente. Parliamoci chiaro: non esistono risposte semplici innanzi a domande complesse e la metamorfosi a stelle e strisce ha più di una componente maturata lentamente nel tempo.
Ed è proprio questo "nuovo segno dei tempi" che ha spalancato le porte della Casa Bianca ad un qualunquista come Donald Trump, che non a caso si accompagna spesso con il plurimiliardario più famoso al mondo, Elon Musk, dominus delle reti social, della informazione di mass, oltre che dell'industria ad alta tecnologia. Un uomo, quest'ultimo, che probabilmente consiglia e proietta il pensiero del “tycoon" in un divenire onirico, illudendolo di poter governare cancellando tutto quel che potrebbe fungere da ostacolo alla novità, alla modernità ed al progresso. Una visione, ristretta ed azzardata su quali siano i doveri di una nazione che ha garantito per decenni tutto il blocco dell'Occidente. Ora, sia quel che sia, quel che è peggio è il rischio che corrono gli States di fronte a questo paventato radicale cambio di rotta dell’establishment governativo USA.
Un esempio ci viene dall'ultima alzata d'ingegno dell'estemporaneo neo presidente: quella di far uscire gli States dalla Nato. Un modo come un altro per distruggere il presupposto sul quale è stata costruita tutta la politica estera americana dalla fine della seconda guerra mondiale in poi. Con quella mossa, infatti, verrebbero meno molti rapporti privilegiati con i paesi europei ma anche asiatici come Giappone, Corea del Sud, Filippine ed altri ancora (come il blocco degli stati dell’ Oceania ), storicamente posti sotto l'ala protettiva di Washington. Se questo dovesse avvenire, in quelle aree geografiche si rinforzerebbero le mire e l’influenza di Russi e Cinesi e Trump, di fatto, avrebbe vermanete...lavorato per il re di Prussia!! Diverso invece il discorso che riguarda l'Europa. Qui, infatti, una volta passati stupore e disorientamento, ci si rimboccherebbe le maniche per potersi finalmente dotarsi di un vero e proprio esercito comune. Come noto oggi ciascuno Stato membro europeo spende separatamente non poco rispetto al proprio prodotto interno lordo. Ebbene, unendo le forze, mettendo insieme tutte le risorse destinate alla difesa si potrebbe creare una sola forza armata potentissima in grado di superare finanche quelle delle nazioni concorrenti. A questo punto l'azione di tutela delle libertà e della democrazia potrebbe anche ritornare in capo alle cancellerie del Vecchio Continente proprio come accadeva un tempo. Motivo in più dunque per rinsaldare la politica comunitaria ed anche i mercati ed i commerci "made in Ue". Se le politiche del terzo millennio, secondo Trump, devono cambiare radicalmente rapporti, ruoli e funzioni per gli Stati Europei e gli Usa, metterlo in atto potrebbe anche risultare paradossalmente vantaggioso per l’Europa e svantaggioso per gli interessi statunitensi . La prima delle rivoluzioni in tal caso, sarebbe quella di smantellare, oppure locare altrove, le basi Usa in Europa, a partire dalla Turchia fino ai paesi scandinavi. In tal modo si farebbe pagare agli americani quel che hanno sempre ottenuto gratuitamente in casa nostra. Un vantaggio tattico e logistico di incomparabile valore. E quando tutto questo sarà avvenuto credo che la Ue si ritroverà molte mani tese da stringere. Si determinerebbe una estesa solidarietà che potrà creare un nuovo ordine mondiale. E Cosa altro stanno aspettando a Mosca, Pechino, Nuova Delhi, Brasilia che già operano in tal senso? Ovviamente a scapito di Trump il quale, avendo lavorato per il re di Prussia, rischierebbe di ritrovarsi, in braghe di tela!!