Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo invito alla moderazione che lancia il collega Guccione al quale il clima infuocato del dibattito di questi giorni sulla nostra testata suscita qualche perplessità:
Caro Direttore,
assistere a un dibattito ospitato da un giornale è cosa interessante se i toni, i modi, la buona creanza, riescono a non far debordare nello scontro da ring (dove comunque vi sono regole da rispettare) i titolari della discussione. È bello lo scontro ed è ancora più bello quando da questo si evince la passione, la partigianeria. Quello che sto leggendo da molti giorni sul tuo giornale, mi lascia un po' perplesso; perché se da un lato eserciti il piglio di chi vuole creare interesse intorno a un argomento, dall'altro noto che la qualità dei contributi ospitati assume i toni che vanno ben oltre il guanto di sfida. Tu ricorderai almeno quanto me le dispute che all'interno del parlamento si facevano largo tra appartenenti a fazioni partitiche opposte; parlo della prima Repubblica, non dei giorni nostri dove il clima, a volte, è indegno di una rappresentanza istituzionale.
"Onorevole Oronzo, non faccia lo strano", diceva Pajetta a un suo avversario politico. Utilizzando l'ironia, riusciva bene a far capire che la rima sarebbe stata ben altra ma non si poteva (né doveva) pronunciare: non si trattava di politicamente corretto bensì di buona educazione. La battuta ci sta nel vivace dibattito; ci stanno i pugni sul tavolino, anche. Ci sta tutto. Quello che non approvo, invece, è la sola forma basata sul turpiloquio, sulle offese, sul modo irrispettoso di concepire l'esposizione delle proprie idee. Che possiamo esprimere, non è un dettaglio. Allora io non entro sull'argomento specifico perché su quello ho la mia idea che, nel caso della pandemia, non può essere che legata alla paura e al timore che qualcuno a cui voglio bene possa ammalarsi. Sto, dunque, dalla parte della prudenza e sono d'accordo con chi dice che potremo uscirne solo se sapremo agire tutti insieme e non da soli. Anche se siamo tutti stanchi, i giovani e i bambini per primi. Ma questa è la mia idea: non la impongo ma la rivendico, così, come sto facendo attraverso questo intervento.
A me, caro Aldo, sembra proprio che la campagna elettorale, a Lucca, sia iniziata con troppo anticipo e non con quel contrassegno, quella verve anche utile, ma con una contrapposizione da coltello fra i denti.
Non mi piace. Non è utile. Non fa vincere la politica.
Non fa vedere i difetti degli uni né i pregi degli altri. È scontro, chiasso, voglia di ribellione che nulla ha a che fare con la legittima aspirazione per ciascuno di esprimere la propria opinione.
Per una volta, almeno, sono contento di far parte della comunità capannorese dove, forse, proprio perché non vanta i blasoni di "Lucca drento", sa mantenere un linguaggio politico più semplice ma anche più genuino.
Chiudo rivolgendomi a chi invoca la proverbiale moderazione dei lucchesi, con la speranza che in tanti possano attingere al famoso garbo, che fa di Lucca una città un po' sorniona ma indubbiamente elegante e di buona creanza.