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Scritto da Redazione
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28 Aprile 2021

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La manifestazione del 25 aprile a Lucca, che ha visto molte centinaia e forse migliaia di partecipanti contro le restrizioni alla Pandemia, è stata criminalizzata e presentata, da molti, come una peste bubbonica, da estirpare.

Non condivido, come cittadino, quella manifestazione e buona parte delle cose portate avanti, anche se capisco le angosce di chi ha perso il lavoro, la rabbia di chi ha visto fallire le proprie attività economiche, la disperazione di chi è precipitato nelle nuove povertà.

Comprendo il disagio sociale di chi vive male questa Pandemia, con le sue ripetute chiusure e la perdita di alcune libertà, ma confermo la mia personale non condivisione a manifestare in quel modo.

Fatta questa doverosa premessa, voglio difendere, a spada tratta, il diritto di tutti, chiunque sia, a manifestare, a dissentire, senza violenza, su qualsiasi cosa, anche per idee che agli altri sembrano blasfeme.

Bene hanno fatto le forze dell'ordine a fare denunce, se ritengono che siano state violate leggi e disposizioni, sarà poi un Giudice a dare il giudizio finale.

Se qualcuno ha sbagliato pagherà in rapporto ai fatti riconosciuti illeciti.

Ogni comportamento, anche sbagliato, va ricondotto nella sua giusta dimensione.

Beccaria delinea un "teorema generale" per determinare l'utilità di una pena: "...perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev'essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a' delitti, dettata dalle leggi...".

Non accetto i "giudici popolari" volontari e perbenisti, del politicamente corretto.

Vi sono nel mondo migliaia di "terrapiattisti" che credono la terra piatta, una assurdità, ma anche loro manifestano e hanno diritto a esporre le loro idee.

Manifestare il 25 aprile per la libertà, sia pure in una versione distorta e molto di parte, deve essere sempre possibile, anche sbagliando.

Vorrei ricordare alcuni eventi che negli anni hanno scandalizzato i cultori del perbenismo rampante e poi si sono rivelati anticipatori di cambiamenti epocali.

Ricordo, fra tanti, il Ministro Brodolini, Socialista, che trascorse la notte di un Natale, di tanti decenni anni fa, all'interno di una fabbrica occupata dagli operai in lotta. Quanti si scandalizzarono allora: un Ministro in una fabbrica occupata! Che orrore!

Invece fu l'inizio di un epocale cambiamento nel mondo del lavoro.

Voglio anche ricordare un fatto personale: durante gli anni di piombo, nella lotta contro le atrocità delle Brigate Rosse, che qualcuno a sinistra chiamava, con grave colpa, "compagni che sbagliano" furono intraprese campagne di stampa e crocifissioni contro intellettuali, per lo più professori universitari e giornalisti, molti della Calabria, che chiedevano di combattere il terrorismo, con fermezza, ma anche denunciando le disuguaglianze sociali ed economiche, che davano acqua di vegetazione ai terroristi.

Molti di questi intellettuali, senza alcuna colpa se non quella delle loro idee, furono costretti a fuggire in Francia, preoccupati della loro sorte per la repressione del primo governo di compromesso storico, Andreotti-Berlinguer.

Giacomo Mancini, leader socialista, fece allora, a Parigi, una riunione di tutti questi esuli, colpevoli di lesa maestà della opinione pubblica imperante.

Mi chiese di accompagnarlo, eravamo amici e lo feci: fu una riunione straziante, uomini di cultura, di ingegno, professori universitari costretti a mendicare pane e assistenza in un paese straniero, abbandonando famiglia e affetti, solo per aver professato le loro idee, contrarie a quelle della "maggioranza silenziosa", dei duri e puri, di allora.

Quella sera promisi a me stesso di combattere sempre contro chi, in nome della maggioranza, del conformismo, del politicamente corretto, voglia impedire la libera espressione delle idee, altrui, anche assurde, ma manifestate senza violenza.

Ho voluto ricordare non a caso questi due episodi perché entrambi avvenuti in anni di grande cambiamento della società Italiana. Il sessantotto e gli anni del terrorismo.

Oggi la Pandemia sanitaria prima e quella economica, ancor più grave, dopo, ci traghetteranno in una società certamente diversa da quella di ieri: una società tutta da scoprire, da definire, con poche certezze.

Ancorché divisi su molte cose, uscimmo allora da quelle due epocali crisi del passato, in positivo, sia pure con profonde mutazioni nel tessuto culturale, sociale ed economico dell'Italia.

Oggi abbiamo un compito ugualmente drammatico da far tremare i polsi per il futuro che ci aspetta.

Dobbiamo sapere oggi, come facemmo allora, governare il cambiamento cercando di capire i problemi delle persone, soprattutto di quelle non garantite che sono le vere vittime dell'oggi, ricercando unità, capacità di ascolto, serenità e positività nell'affrontare le situazioni, anche quelle più antipatiche e non gettare benzina sul fuoco, perché la realtà è assai più complessa di quella che si vede.

Senza mettere mai in discussione i diritti fondamentali di ogni uomo.

 

 

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