Sia la coltivazione che la detenzione di cannabis rappresentano delle condotte pericolose da cui possono derivare sanzioni penali anche alte. Non costituisce reato, invece, il consumo personale di droga, che in ogni caso resta un illecito amministrativo. La linea di demarcazione tra quello che è un reato e quello che non lo è, tuttavia, resta molto labile, soprattutto quando si parla di coltivazione della canapa in casa. Da questo punto di vista, la Corte di Cassazione in più occasioni ha specificato che la punibilità penale non può essere prevista per le attività di coltivazione effettuate in forma domestica in dimensioni minime.
Le coltivazioni di minime dimensioni
Ma come si fa a riconoscere una coltivazione cannabis di minime dimensioni? In linea di massima sono tali quelle che prevedono un ridotto numero di piante, che si basano sull’impiego di tecniche rudimentali e che si caratterizzano per la minima quantità di prodotto che può essere ricavata. In generale, si deve prendere in considerazione la presenza di indici di un eventuale inserimento delle attività di coltivazione nel mercato degli stupefacenti. Se tali indici mancano, è evidente che la cannabis è destinata solo a un utilizzo personale di chi la coltiva. Tale orientamento della Corte di Cassazione appare decisamente solido, e per altro in tempi recenti è stato ripetuto anche per coltivazioni di maggiori dimensioni. Entrando più nel dettaglio, si è deciso per l’assoluzione di un soggetto che aveva coltivato in casa una decina di piante di canapa.
Quando la coltivazione di canapa domestica è reato
La coltivazione cannabis in ambito domestico è reato a condizione che le sue dimensioni non siano estremamente ridotte, al punto che si possa intuire in maniera immediata che la sostanza stupefacente sarà riservata a un utilizzo unicamente personale e non potrà essere spacciata. Una sentenza delle Sezioni unite della Corte di Cassazione relativa a una coltivazione casalinga di appena due piante di cannabis evidenzia che una coltivazione di questo tipo è di dimensioni minime. Tuttavia, in base a un’altra sentenza non si può parlare di irrilevanza dal punto di vista penale quando la coltivazione domestica si basa su tecniche non rudimentali.
Le tecniche di coltivazione
Ecco, quindi, che un importante discrimine è rappresentato dalle tecniche di coltivazione che vengono adoperate. Anche in presenza di appena quattro piante di cannabis, non si può parlare di coltivazione domestica per uso personale se questa viene effettuata in una serra, con tanto di lampade UV, impianto di areazione e riscaldamento adeguato. Come si può intuire, perché la coltivazione non si configuri come un reato c’è bisogno della sussistenza di due elementi in contemporanea: il ridotto numero di piante e le tecniche di coltivazione rudimentali. Se solo una di queste due condizioni sussiste, è prevista la condanna per coltivazione di sostanze stupefacenti.
La detenzione di droga per uso personale
La detenzione di droga per uso personale, invece, non è un reato penale. Nel caso in cui si venga trovati in possesso di sostanza stupefacente destinata a uso personale – si può intuire tale destinazione sia dalle modalità di detenzione che dalla quantità della sostanza – non si può essere accusati di alcun reato, anche se quello commesso è un illecito di natura amministrativa. Per altro il ministero ha fornito delle tabelle ad hoc in cui viene indicata la dose massima di sostanza stupefacente di cui si può essere trovati in possesso senza rischiare di commettere il reato di detenzione di droga finalizzata allo spaccio. Certo, ogni caso deve essere valutato singolarmente: per esempio se si viene trovati in possesso di carta stagnola, di bilancino o di altri strumenti correlati a una cessione, non si può ipotizzare solo un uso personale.
La coltivazione
La coltivazione di sostanze stupefacenti senza permessi rappresenta un reato che viene punito con la reclusione per un periodo che va da un minimo di 6 anni a un massimo di 20, a cui si aggiunge una multa compresa tra 26mila euro e 260mila. Può essere ridotta la pena se la condotta proibita viene giudicata di lieve entità: tale valutazione prende in considerazione le circostanze, le modalità o i mezzi dell’azione, ma anche la quantità e la qualità delle sostanze. La riduzione della pena la abbassa da un minimo di 6 mesi a un massimo di 4 anni, mentre la multa è compresa tra 1.032 euro e 10.329 euro.