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Scritto da Redazione
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15 Maggio 2021

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Erano gli anni ´70 quando nacque lo streetwear: quella che ora è considerata una moda, è nata come una vera e propria subcultura. Cosa pensiamo quando diciamo streetwear? Sicuramente ci vengono in mente le immagini dei rapper della West Coast, il Bronx, il ghetto, le tute adidas, i catenoni e le famose sneakers bombate.

Quali sono le origini dello streetwear?

Questo stile è nato come una vera e propria filosofia di vita e possiamo dire che le origini dello streetwear nascano dal punk. Ragazzi che sentivano il bisogno di identificarsi in un’ideologia ed in uno stile di vita specifico iniziarono a personalizzare ed abbinare gli abiti in maniere particolari: il classico esempio sono i jeans strappati.

Lo streetwear vero e proprio però, è quello che si sviluppò nella California degli anni ’80, quando Shawn Stussy, designer di tavole da surf, iniziò a creare un marchio di abbigliamento, trasferendo i disegni che metteva sulle tavole da surf, sulle magliette. Il marchio di Stussy diventò un punto di riferimento per gli appassionati di surf e skateboard e dopo aver acquisito celebrità nella East Coast, conquistò piano piano prima la West Cost, con il primo negozio Stussy aperto a New York, e poi tutto il mondo. E come si dice…il resto è storia. Ad oggi, infatti, è possibile acquistare questo tipo di abbigliamento su negozi streetwear online dedicati a questo tipo di stile.

Il socio di Stussy, James Jebbia, fondò il marchio Supreme, celebre marca legata indissolubilmente allo skateboarding. Chi acquistava i capi di Stussy e di Jebbia, lo faceva per sentirsi parte di un mondo esclusivo, quello della street appunto. La caratteristica principale del loro modello di business era che, per accrescere l’aspettativa nei fan, i pezzi disponibili erano sempre limitati e rilasciati in speciali giorni della settimana.

Come si è diffuso lo streetwear e chi sono gli hypebeast

Lo streetwear come lo conosciamo oggi, è quello portato alla ribalta dai gruppi rap ed hip hop, primi fra tutti Run DMC, con le loro tute Adidas oversize, i berretti in feltro e le sneakers. Questo genere di abbigliamento era perfetto per la break dance e incominciò a prendere piede tra le maggiori crew, evolvendo poi in altri modi, come per esempio nella street-couture: abiti firmati da stilisti di alta moda, che si rifacevano allo streetstyle e che venivano indossati dalle maggiori star rap del momento.

Ancora oggi, lo streetwear è visto come simbolo di esclusività, tanto che esiste una parola che indica le persone che vanno alla ricerca o che collezionano pezzi esclusivi di streetwear: gli hypebeast.

Gli hypebeast amano andare alla ricerca di abiti, scarpe ed accessori in edizione limitata. Questi si possono trovare raramente nei negozi fisici, ma esistono molti siti online, dove è possibile trovare pezzi rari, esemplari di scarpe esclusivi, prodotti solo in numero ridotto e molto altro ancora.

Il concetto principale della filosofia hypebeast è e rimane l’esclusività, ma ciò che è cambiato dagli anni ’80 ad oggi, è sicuramente il significato che si può dare oggi a questo aggettivo. Se negli anni ’70 i ragazzi della street volevano essere esclusivi identificandosi in un gruppo, come i surfers, gli skateboarders ed i rappers, quello che viene evidenziato oggi, attraverso l’acquisto di capi in edizione limitata, è l’esclusività nel vero senso della parola: chi è in possesso di un determinato capo di abbigliamento, desidera poterne fare sfoggio.

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