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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera aperta inviata dalla presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Lucca al direttore di orchestra Beatrice Venezi precisando che non ne condividiamo non solo il contenuto, ma nemmeno una virgola:
Carissima Beatrice Venezi,
come cittadine Lucchesi siamo sue estimatrici, entusiaste ed orgogliose della Sua affermazione professionale che rende onore alle nostra Città che arricchisce così il suo patrimonio culturale e musicale con il nome di una donna che ha saputo emergere in una professione che in Italia per troppo tempo è stata riservata ai soli uomini.
Per questo ci ha stupito la sua affermazione di non volere essere qualificata come direttrice, continuando ad usare la qualifica di direttore, benché il termine direttrice sia ormai entrato nell’uso comune. Nessuno penserebbe a chiamare direttore una donna dirigente scolastica, per fare un esempio.
La lingua italiana si è evoluta, e si sta evolvendo, adeguandosi ai grandi cambiamenti sociali e culturali del nostro paese, tra i quali è determinante l’emancipazione delle donne .
Non si tratta di declinare forzosamente al femminile termini usati solo al maschile, anzi la grammatica italiana c’insegna che la declinazione al femminile è tanto corretta quanto doverosa.
Per anni, anche per secoli, le professioni sono state declinate solo al maschile perché accessibili solamente agli uomini; la sua stessa professione fino a qualche decennio fa sarebbe stata impensabile per una donna.
Per tale ragione riteniamo necessario dare il segno del cambiamento, non solo continuando ad impegnarci perché le donne possano accedere ad ogni tipologia di professione, ma anche per far sì che le parole, data la loro fondamentale importanza, vengano declinate secondo il genere dei soggetti.
E' divenuto necessario dare un profondo segnale di cambiamento linguistico e culturale. L’affermazione delle donne non è solo dovuta a sforzi individuali, per quanto apprezzabili. E’ il risultato di un profondo ripensamento del lavoro e delle professioni in tutti i loro aspetti, della giusta valorizzazione delle capacità femminili e della capacità delle donne di farsi portatrici anche di nuovi assetti dell’organizzazione del lavoro, dei servizi, e della lotta agli stereotipi nella comunicazione e nel linguaggio.
Per questo, come CPO del Comune di Lucca, saremmo felici se lei nel suo ruolo volesse affiancarci nel percorso di rivendicazione della legittimità della declinazione al femminile dei titoli per quelle occupazioni storicamente di appannaggio solo maschile; come segno di riconoscimento della sua professionalità, e anche della fatica di tante donne che da anni si sono prodigate per superare e far superare ritardi culturali fortemente cristallizzati.
Certe che Lei saprà cogliere la nostra intenzione positiva di qualificare e declinare al femminile la nostra lingua come segno profondo di cambiamento e anche di giusto orgoglio femminile Le porgiamo i migliori saluti.
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Ringrazio la Società Coima per il suo serio contributo, al quale tuttavia è doverosa una replica. Il mio intervento di alcuni giorni fa tendeva a fare chiarezza circa l’affermazione di autorevoli esponenti cittadini, primo tra tutti il sindaco, secondo cui, con l’operazione prospettata del Project financing e della ristrutturazione del complesso immobiliare, la Manifattura sud “sarebbe” della Fondazione CRL.
Con riferimento al Found Urban Regeneration Fund II le precisazioni di Coima sulla proprietà, come inquadrata dalla giurisprudenza, non hanno fatto altro che ripetere quanto da me riportato.
Siamo infatti d’accordo che la Società di Gestione del Fondo (Coima SGR) sarà intestataria dell’immobile in quanto il Fondo chiuso non ha personalità giuridica (la sentenza citata della Cassazione verteva è vero sull’ICI, ma poiché l’imposta, ormai sostituita dall’IMU, incideva il proprietario dell’immobile, era importante definire giuridicamente chi lo fosse).
Tuttavia nel mio intervento riferivo anche dell’autorevole orientamento del Tribunale di Milano secondo cui esiste il giusto principio della separazione e dell’autonomia del patrimonio proprio della Società di gestione rispetto al patrimonio del fondo.
Fin qui siamo d’accordo.
Il fatto però che la Fondazione sia beneficiario del Fondo non è comunque decisivo circa la locuzione più volte pronunziata secondo cui la Manifattura sarà della Fondazione CRL. Non è a chi spettano i rendimenti, ma a chi spetta la gestione della ristrutturazione e dell’immobile che è qualificante per potersi definire “dominus” dell’immobile, per ciò che interessa la città.
Nell’ambito di un Fondo Chiuso la gestione non spetta al o ai Beneficiari bensì all’operatore professionale chiamato a gestirlo. Il fatto che sia unico o meno non conferisce al/ai beneficiario/i poteri gestori che spettano, appunto, alla Società di gestione.
Per inciso: la Fondazione CRL è per regolamento unico partecipante ora e in futuro, o solo di maggioranza? Se poi vi fossero scritture che limitano il potere gestorio, sarebbe opportuno che queste fossero quanto meno portate a conoscenza dell’Amministrazione Comunale.
Nemmeno eventuali Comitati consultivi del Fondo possono impedire o limitare la gestione da parte della Società professionalmente preposta, Coima SGR (salvo casi particolari di conflitto di interesse). Altra questione è se il Fondo sia o meno un istituto giuridico di carattere speculativo.
La limitazione dei rendimenti più volte dichiarata, sarebbe opportuno venisse esibita a livello documentale, sia che si tratti del regolamento del fondo o di accordi a latere. Di fatto tuttavia nei regolamenti dei fondi chiusi, di norma, è riportato un articolo che chiarisce come l’investimento sia ad alto grado di rischio, nel senso che la Società di gestione non può assicurare lo scopo del rendimento del fondo né il mantenimento del capitale investito.
Quest’ultimo aspetto, per altro, dovrebbe forse essere giudicato rispetto allo Statuto della Fondazione CRL. Se è vero, come afferma Coima, che al termine della durata il patrimonio di un fondo può essere assegnato ai partecipanti (anche se la liquidazione del patrimonio è l’esito normale), è pur vero che niente può limitare l’alienazione dell’immobile qualora vi fosse convenienza a farlo, anche prima della scadenza del termine, la qual cosa porrebbe problemi rispetto all’affermazione che la Manifattura sarà della Fondazione CRL.
Infatti, lo scopo di un Fondo Chiuso è quello di aumentare il valore iniziale del patrimonio, ripartendone poi il risultato di gestione ottenuto sia attraverso la messa a reddito che lo smobilizzo degli investimenti, perché il Patrimonio del Fondo può essere investito in immobili anche con finalità di successiva cessione.
Se vi fossero patti contrari alla normalità, sarebbe importante che fossero portati a conoscenza quanto meno dell’Amministrazione Comunale, anche in relazione alla durata e alla funzione del Project financing ideato a corredo del complesso immobiliare. Ultimo ma non ultimo, anzi punto primo: cosa certa ad oggi, l’unica, è che l’immobile entrerà non tanto nel patrimonio del Fondo quanto in quello della costituenda società di Project attraverso la contribuzione del Comune.
Esiste qualche patto che obblighi la costituenda Società di project a cederlo al Found Urban Regeneration Fund II? Perché ad oggi non è dato saperlo. Dott.Giorgio Angelo Lazzarini per Salviamo la Manifattura