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Posto per disabili assegnato dal Comune e occupato abusivamente: nonostante tre chiamate ai vigili urbani, nessuno si presenta
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione-denuncia inviataci da una persona relativamente a quanto avvenuto durante la giornata, con il posto disabili assegnato dal comune di Lucca occupato abusivamente e la polizia municipale non intervenuta dopo tre telefonate e altrettante rassicurazioni
Centro Affidi e Adozioni, polemica tutt'altro che sopita
“Dove si sta bene si fiorisce“ questo il motto prescelto per promuovere il centro Affidi Piana di Lucca, a cui va aggiunto il Centro famiglie e Adozioni, insediatisi ieri nel nuovo edificio a S. Concordio denominato Piazza Coperta
Meno biglietti venduti per i Comics, di chi o di cosa la colpa? Attenzione al rischio imitazioni oltre che al caro affitti
Come sempre cerco di vedere le cose da una altra angolazione. Mi hanno insegnato ad anticipare le cose e non accorgersi del negativo quando è troppo tardi. Per questo, proprio nelle giornate frenetiche che anticipano la prossima edizione di Lucca Comics and Games, leggo ovunque una preoccupazione per il calo (eventuale) della vendita dei biglietti...
"Lodo Moro, ma siamo sicuri che lo statista Dc avrebbe siglato un accordo così criminale e antisemita con l'Olp?"
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento inviatoci a seguito della pubblicazione di un articolo a firma dell'ex senatore Carlo Giovanardi sulla vicenda di Ustica ossia la tragedia del Dc 9 Itavia nella quale perirono 81 persone
La psicologia del gioco d'azzardo: analizzare il comportamento di assunzione di rischi
Esplora la psicologia del gioco d'azzardo e cosa spinge al comportamento di assunzione di rischi. Scopri come i pregiudizi cognitivi e le emozioni influenzano le decisioni nei giochi d'azzardo
Rinascimento, cultura latina e casinò online: quando la tecnologia comincia con la ruota e arriva fino alle slot online
Prendi gli antichi romani, se ne stavano lì a bighellonare brindando agli dei e festeggiando qualsiasi cosa, mentre con l’altra mano giocavano ai dadi e semmai, erano pure truccati. Qualcuno potrebbe inventarsi una storia del genere e dire il falso, ma sicuramente corrisponde al vero
Turismo sì, ma ai residenti del centro storico chi ci pensa?
Riceviamo e pubblichiamo questo intervento inviatoci da una affezionata lettrice sul problema del turismo in relazione alla presenza degli ultimi residenti del centro storico di Lucca
Sempre più difficile resistere nel centro storico!
Abito da circa sette anni nel centro storico di Lucca, in una zona relativamente marginale: davanti le Mura, dietro la ex Manifattura Tabacchi. In questi anni, ho visto un progressivo incremento delle attività turistiche e degli eventi, alcuni dei quali pregevoli, altri meno
Parco pubblico al posto del campo sportivo di S. Alessio, una mamma sbotta e si indigna: "Grazie a Bruno Dianda e al suo staff si è sempre respirato aria di professionalità e umanità. Lanciamo una petizione"
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa missiva inviataci da una lettrice che ha chiesto, pur firmandosi, di poter mantenere l'anonimato. La sua storia familiare con il campo sportivo di S. Alessio-Carignano l'ha spinta a opporsi a qualsiasi cambiamento di destinazione
Appello di Giannini (Pd): "Ennesimo incidente sulla via Nuova per Pisa: a quando l'autovelox"
Il consigliere comunale del Pd Gianni Giannini denuncia quanto accaduto questa mattina sulla via Nuova per Pisa a S. Maria del Giudice e chiede l'intervento del comune
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Prima del Coronavirus vivevamo come in un incantesimo. Ci sentivamo onnipotenti, davamo tutto ormai come scontato, la tecnica ci illudeva di avere tutto sotto controllo, liberi di muoverci, viaggiare e riempire ogni singolo momento della nostra giornata di impegni lavorativi, sportivi, amicali. Poi all’improvvisto un nemico invisibile, inaspettato, imprevisto, si diffonde tra noi, ci blocca e pone il mondo in una attesa piena di angoscia. Come ha affermato il filosofo Galimberti nella trasmissione “Frontiere” del 9.3.2020, noi occidentali viviamo la morte con paura ed angoscia perché abbiamo perso il contatto con essa e non abbiamo la capacità di elaborarla e quindi affrontarla.
Questa riflessione mi ha riportato alla memoria il tema contrale del master “Accompagnamento spirituale nella malattia e nel morire”, diretto dal Padre Guidalberto Bormolini che ho frequentato a Prato lo scorso anno. Le varie lezioni avevano come filo conduttore la sostanziale indifferenza verso la morte ed il morire nella nostra società. Viviamo in un epoca death-free distratta dalle essenziali questioni della vita e cieca davanti alla possibilità di vedere la morte non come l’opposto della vita bensì come la sua continuazione.
Il momento drammatico in cui stiamo vivendo ha suscitato in me il desiderio di condividere alcune mie considerazioni e riflessioni su questo argomento.
E’ opinione comune degli studiosi di tanatologia (di coloro cioè che studiano la morte nei suoi aspetti legati sia alla medicina legale ma anche all’antropologia, alla psicologia ed alla filosofia) che nella nostra società l’idea della morte venga sempre più negata in un rapporto inversamente proporzionale al modo in cui viene invece continuamente presentata in televisione, nei cartoni e nei video giochi. Quando la morte arriva sia in modo improvviso e violento oppure dopo una lunga malattia ci trova allo stesso modo impreparati e nonostante siamo abituati alla sua fantasmagorica spettacolarizzazione, alla quale la televisione ed i mass media ci hanno abituato, ci traumatizza.
Un meccanismo di rimozione che ha origine sia nello “spirito del tempo” che nella eccessiva fuga dall’interiorità che quotidianamente ogni individuo compie. Ma come siamo arrivati a questo punto?
La responsabilità più grande grava sui genitori. I nuovi modelli di famiglia presenti nella nostra società, tra i quali spiccano il modello iperprotettivo e quello democratico-permissivo, non prevedono nelle loro premesse fondanti una educazione alla resilienza ed alla sopportazione della frustrazione del limite, mentre l’introduzione del concetto di limite ha una valenza educativa insostituibile.
Nella famiglia iperprotettiva i genitori, per paura che il bambino perda la serenità, soffra e si traumatizzi occultano tutte le brutte esperienze ed in particolare la morte, non ne parlano, inventano storie improbabili o cambiano discorso se il bambino fa domande al riguardo. Facendolo vivere come in una bolla protettiva, lontano dalle emozioni negative quali la paura, il dolore, l’angoscia, il terrore non potrà diventare resiliente, forte, cioè competente di fronte alla inevitabili difficoltà della vita ed alla sua precarietà, ma anzi apparirà “un pò tonto”, come nelle nuvole, ingenuo di fronte ai suoi pari che potranno prenderlo in giro ed anche renderlo oggetto di bullismo.
I genitori democratico-permissivi, dal canto loro, pensando che il figlio sia nato già imparato e sappia come comportarsi, crederanno che non sia necessario sottoporlo ad un percorso educativo che rispetti le varie fasi dello sviluppo evolutivo. Sono fermamente convinti che già a due, tre anni sia un piccolo adulto in miniatura, senza bisogno di un percorso emotivo, di restrizioni educative e di limiti ed addirittura ne sappia più di loro. Tutto ciò li porterà a porsi allo stesso livello relazionale del figlio ed a comportarsi con lui come amici e non come guide. In questo contesto il problema della morte nemmeno si pone in quanto questi adulti, che si sentono e si comportano come amici dei figli, sono così impegnati a vivere la loro eterna adolescenza che mettono loro stessi in atto una profonda rimozione dell’idea di morte. Meglio vivere in un eterno presente dove l’invecchiare e la morte non esistono, in una dimensione più esteriore dove l’apparire domina l’essere e la sostanza, dove il tuo valore è dato dalle conferme degli altri, fino all’aberrazione del fenomeno degli “influencers”, anche se non sei niente e non sai fare niente, l’importante è che gli altri ti confermino con i “like” e le visualizzazioni. Questi valori, che passano in modo inconsapevole ai figli, mettono questi in un disorientamento continuo perché le mode subentrano alle regole della famiglia e della società ed il super-io (in senso freudiano) diventerà ancora più liquido e mutevole, per dirla alla Baumann.
Per uscire da questo impasse, secondo me, sarebbe necessario che i genitori da parte loro cominciassero a coltivare la saggezza, il senso di responsabilità e soprattutto l’autorevolezza, diminuendo, gradualmente, l’investimento di energia nel benessere esclusivo del corpo, nell’estetica e nei piaceri mondani. Facciano finalmente gli adulti! Cioè si impegnino a creare un ambiente educativo utile al processo evolutivo del diventare grandi che oggigiorno si è arrestato. Chi, infatti, insegna più ai giovani la consapevolezza di sé, il contatto con la propria interiorità, i valori morali e la spinta ad una propria autonomia sia economica che di pensiero?
A discolpa dei genitori c’è il fatto che la scomparsa della famiglia patriarcale nella nostra società, e la sua sostituzione con la nuova famiglia nucleare prima e con quella monoparentale poi, ha prodotto la rottura con la comunità allargata in cui era inserita, venendo così a mancare la condivisione di riti collettivi di fronte alla malattia, alla morte ed al dopo morte. La famiglia è rimasta sempre più sola ed è caduta in questa trappola perché i contatti con la comunità, con i vicini di casa sono stati sostituiti con la tecnologia ed i moderni strumenti di comunicazione di massa. A questo fenomeno va inoltre aggiunto l’enorme sviluppo della scienza medica che ci ha illuso perché è potente ma non onnipotente: Le metodiche e le tecniche mediche hanno reso possibile un incredibile allungamento della vita anche in presenza di malattie croniche. Hanno procrastinato l’incontro con la morte, tanto da far sperare di vivere fino a 120 anni, ma hanno anche portato a morire lontano dalla nostra casa, negli ospedali, attaccati a macchinari indispensabili alla sopravvivenza o sottoposti a metodiche praticabili solo in centri attrezzati occultando, di nuovo, il processo del fine vita, della morte e del post-mortem.
Segnali di una mancata elaborazione dell’idea di morte giungono, infine dalla diffusione di quelle mode giovanili estreme in cui si gioca con la propria morte: il drogarsi alla cieca, il binge-drinking, il guidare a velocità estrema filmandosi, il saltare da un treno all’altro in corsa e, negli ultimi giorni, nonostante i divieti imposti dal nostro Governo per la salvaguardia della salute di tutti noi, riunirsi in gruppi su spiagge, piazze, pubs e fuggire dalle zone più a rischio per tornare nelle loro famiglie d’origine in altre regioni mettendo a repentaglio la salute dei loro genitori e nonni (immagini che hanno suscitato incredulità e sdegno in tutti noi). Ma quanto fragili devono essere le identità di questi giovani per andare contro l’istinto di sopravvivenza e rimanere attaccati al gruppo perché, altrimenti, da soli non esistono?
La mia speranza è che quando finalmente usciremo da questa pericolosa situazione di grande crisi sanitaria, economica e finanziaria rivedremo il nostro stile di vita, più ispirato alla calma, alla lentezza ai piccoli piaceri e valori ritrovati nella nostra interiorità e rivisiteremo anche il nostro stile educativo come genitori. Se i nostri figli non rispettano le regole e le gerarchie, quindi noi, significa che non siamo stati in grado di educarli all’idea del limite, dal più piccolo al più estremo, la morte. Se non si assumono le loro responsabilità e si appoggiano a noi in tutto e per tutto e non riusciamo a gestirli ed a scrollarceli di dosso, facciamoci aiutare partecipando a sedute, incontri, corsi di formazione perché fare i genitori nella nostra epoca è davvero difficile ed il nemico n.1 per i nostri figli, e di conseguenza per noi, è la deresponsabilizzazione personale e sociale che ricadrà su di noi e la società perché dovremmo mantenerli a vita e proteggerli da loro stessi.
Bibliografia
I Testoni, G. Bormolini, E Paci, L.Vero Tarca (a cura di) Vedere Oltre, Edizioni Lindau, 2015
G. Nardone, E. Giannotti, R. Rocchi: Modelli di Famiglia, Ponte alle Grazie, 200
Emanuela Giannotti
psicologa-psicoterapeuta
Via della Polveriera, 6 55100 Lucca
347 7705359
www.terapiabrevestrategicalucca.it
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Riceviamo e pubblichiamo questa lettera del sindacato delle professioni infermieristiche Nursid, Coordinamento Azienda Toscana Nord Ovest, in merito all'emergenza Coronavirus e alle inadempienze relative ai dispositivi di protezione del personale sanitario.
"Rinnoviamo con forza e vigore e condividiamo l'invito alla popolazione a rispettare le disposizioni governative di rimanere a casa, salvo emergenze vere e proprie (lavoro, spesa generi alimentari ecc).
Accettiamo, momentaneamente, anche se con mille remore e certamente non a cuor leggero, le disposizioni di legge più specifiche per il personale sanitario, come la sospensione della quarantena per coloro che sono stati a contatto con persone positive e la sospensione dell'esecuzione del tampone per l’accertamento alla patologia infettiva da Corona Virus, anche se siamo consapevoli che tali disposizioni porteranno inevitabilmente ad ammalarci, dato che siamo i più esposti alle persone infette. Naturalmente, ancor più grave, temiamo che proprio gli operatori sanitari, infermieri, medici, ostetriche ed oss, potranno essere i così detti “untori”, cioè coloro che potranno più facilmente trasmettere l’infezione a tutti con cui sono stati in contatto , prima che tali operatori diventino positivi al tampone, che, purtroppo, verrà fatto loro solo nella fase di sintomatologia eclatante e solamente allora sarà concesso loro di lasciare la sede di lavoro dopo aver probabilmente contagiato tutti i pazienti, utenti con cui sono venuti a contatto, senza parlare dei loro familiari, anch’essi non immuni da Corana Virus.
Nessuno si tira indietro, in questa emergenza sanitaria, accettando turni massacranti e situazioni imprevedibili ed in continuo mutamento. Abbiamo accettato qualsiasi norma di legge e sacrificio che questa emergenza sanitaria e sociale impongano, lavorando incessantemente per 10 12 ore al giorno.
Noi infermieri stiamo vivendo momenti lavorativi drammatici e alla politica e ai social fa comodo e piace l'appellativo di “martiri e eroi”, ma le istituzioni, l’azienda non si possono lavare così la coscienza; devono fornirci di strutture, mezzi adeguati e soprattutto ci devono tutelare, proteggere affinché il nostro operato possa continuare per tutta la durata di questa emergenza in atto.
Noi siamo operatori sanitari, professionisti in Sanità e non vittime da sacrificare e certamente, non siamo immuni dal covid 19, che sta avanzando inesorabilmente: i casi delle persone positive stanno aumentando, tanto da far prendere provvedimenti urgenti Aziendali, come ampliare i posti letto nelle Terapie intensiva, nelle malattie infettive e disporre riorganizzazioni urgenti anche a livello territoriale.
Dobbiamo e vogliamo lavorare con Dispositivi di Protezione Individuale (DPI: maschere, camici/tute, visiere occhialini ecc) idonei al nostro operato, ruolo e etica professionale: “non nuocere a noi stessi per preservare la salute di tutti, di tutta la collettività.
A proposito di DPI, sia essi di primo che secondo livello (il cui utilizzo è in base al rischio di contagio), devono essere certificati ed appropriati per il tipo di intervento e non possono essere improvvisati o “fatti in casa” e soprattutto molti di questi non possono essere riciclati, riutilizzati per più pazienti o giorni…
I DPI che in questo periodo sono il pane quotidiano di tutti gli operatori sanitari, arrivano centellinati giorno per giorno e non sono sufficienti per tutte le procedure clinico-assistenziali svolte dai vari operatori che ne dovrebbero fare uso come azioni preventive
In seguito a tale carenza abbiamo “urlato” sui social la necessità di tali strumenti, riscuotendo una risposta immediata di sostegno da parte della collettività, istituzioni locali, associazioni, che ci ha permesso di sopravvivere fino ad oggi grazie alle varie donazioni di mascherine, caschi protettivi ecc. che sono arrivate direttamente nei nostri reparti ospedalieri.
Da oggi, purtroppo, l’azienda ha iniziato a distribuire dei DPI che sono totalmente inappropriati, non garantiscono la tutela dell’operatore sanitario, nè quella della persona che ha bisogno di assistenza e cura, tradendo integralmente la mission per cui l'azienda li ha acquistati: la protezione finalizzata alla prevenzione della diffusione di questo nuovo Virus, Il corona Virus 19.
Sotto la foto di alcuni tipi di mascherine che dovrebbero essere utilizzate al posto di quelle certificate e a norma, che sembrano delle pezze, strisce di tessuto su cui applicare elastici..
Improponibili, sembra uno scherzo, anche se di cattivo gusto, una burla, ma in realtà non lo è.
Abbiamo inviato una diffida all’azienda all’utilizzo di tali DPI e richiesto il loro ritiro immediato con sostituzione di mascherine a norma.
Ricordiamo che in campo sanitario il principio dell'appropriatezza è il punto cardine dell'agire e del pensare comune di tutti gli attori del sistema.
I DPI non sufficienti, inidonei, la superficialità dei comportamenti dei vertici aziendali fino a quelli ministeriali rendono il nostro lavoro ancora più difficile: con forza ribadiamo il concetto che la nostra non è una missione, ma una professione a tutela della nostra salute e di quella di tutta la collettività.
Il messaggio è forte e chiaro; gli infermieri, tutti gli operatori sanitari devono lavorare in sicurezza e l’azienda, il datore di lavoro, deve mettere in atto tutte le strategie e fornire tutti gli strumenti a norma per garantire la sicurezza del lavoratore.
Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti i colleghi ed operatori sanitari per la loro dedizione e professionalità, che ci stanno dimostrando giorno per giorno, che senza il loro contributo, pur con disumano sacrificio, il sistema crollerebbe in questo momento di emergenza.
Invitiamo la collettività a seguire le disposizioni in atto: di rimanere a casa, quando possibile.
Infine ringraziamo tutti coloro che ci stanno aiutando sia con parole di conforto ed incoraggiamento che coloro che mediante le loro donazioni dirette, consegnate nei reparti, ci hanno permesso di farci vivere questi momenti di grande difficoltà, meno disorientati e meno preoccupati.
Ringraziamo di cuore tutti e ricordiamo a coloro che stanno facendo raccolte per donarci mascherine FFP3 e Chirurgiche”, di consegnarle direttamente nei vari settori assistenziali, evitando prolungamenti burocratici aziendali …
Ricordiamo che questo comunicato non vuole creare allarmismo nella popolazione è solamente una richiesta di aiuto:
AIUTATECI A FARE IL NOSTRO LAVORO CON DISPOSITIVI DI PROTEZIONE SICURI E A NORMA CHE ORA NON ABBIAMO, PER POTERVI AIUTARE TUTTI.
E #ANDRATUTTOBENE#
Grazie, veramente grazie a tutti gli operatori sanitari e a tutta la collettività".