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Scritto da aldo grandi
Ce n'è anche per Cecco a cena
19 Agosto 2023

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Ci è costata una notte senza sonno, ma ne valeva la pena. Eccome se ne valeva la pena. Esattamente come per quasi tutte le cose, prima di poter emettere un giudizio è necessario anzi, indispensabile, conoscere ciò di cui si parla. Avevamo letto critiche offensive nei confronti del generale Roberto Vannacci e del suo libro di oltre 300 pagine Il mondo al contrario, un pamphlet che ha suscitato aspre polemiche, in particolare, nei giornali del Pensiero Unico Dominante, tra giornalisti e intellettuali ideologizzati e incapaci di guardare alle cose con oggettività e onestà intellettuale, tra politici privi di senso e di assoluta inutilità come quelli che hanno sparato ad alzo zero senza nemmeno aver letto una sola pagina, ma aver solo spulciato i dispacci di agenzia scritti e redatti dai soliti giornalisti inculturati e superficiali. Così abbiamo voluto leggerlo e seppure lo abbiamo comprato subito, dai nostri conoscenti nell'universo militare ci è giunto in esclusiva-anteprima il testo completo in versione pdf. Lo abbiamo fatto, paradossalmente, per tutti quei lettori della Gazzetta che, come noi, non si accontentano della superficie delle cose, che non sono nati né cresciuti ideologizzati, che amano le proprie radici e la storia del proprio paese, che mai si sognerebbero di distruggere quello che altre generazioni hanno, a fatica, conquistato. E in queste pagine, scritte, lo diciamo da scrittori a tutto tondo e di libri pubblicati dalle più grandi case editrici italiane - non dagli editori sconosciuti e pagati pur di vedere stampate le proprie elucubrazioni mentali - abbiamo riscontrato uno stile di scrittura chiaro, accessibile a tutti, ispirato dal buonsenso e dalla voglia di dialogare costruttivamente, non di offendere né, tantomeno, di emarginare e discriminare qualcuno. Il libro si legge bene, scorre, è piacevole, ma, in particolare, sorprende chi, non noi a dirla tutta, a queste tematiche non è avvezzo un po' per ignoranza e un po' per colpevole superficialità. Sorprende perché, semplicemente, rivela pensieri e deduzioni che sono non soltanto dell'autore, ma di tutti coloro che, in un mondo che va, oggettivamente, alla rovescia, sentono e avvertono il bisogno di comprenderne le ragioni.

Un autore che, nell'incipit del libro, pubblica una citazione di Benedetto Croce, merita attenzione e considerazione anche se si tratta di un generale di divisione, Anzi, soprattutto, per questo. Qui non siamo di fronte ad un militarista convinto e accecato dalla gloria delle armi. No, qui siamo davanti ad un uomo dotato di vasta cultura, ma e lo diciamo con ammirazione, arricchito da esperienze umane che lo hanno portato a girare il mondo e a conoscere i popoli osservandoli dalla parte opposta a quella cui noi siamo abituati e che, quindi, ha visto con i propri occhi dove e quando la consuetudine secolare e l'antropologia se ne sbattono altamente del très bien vivre ensemble d'Oltralpe o del politicamente corretto nostrano. 

Gli imbecilli, i dementi, gli idioti, i raccattati per strada, i senza spina dorsale ancor più che senza palle, i fluidi del pensiero ancor più che dell'identità, gli intellettuali e i giornalisti verniciati di rosso - e di tutti gli altri colori - che bazzicano e appestano le ultime redazioni degli ultimi giornali, dovrebbero chiedere scusa e ricordarsi di aprire la bocca e impugnare, metaforicamente, la penna, non soltanto per darle fiato e inchiostro. Questa razza, che prolifera sul web insieme ai tanti tuttologi che vivono di luce riflessa o anche senza alcuna luce, è l'unica forma di razzismo che condividiamo e anche la più pericolosa tra tutte perché subdola, viscida, ipocrita, senza radici, che ragiona per pregiudizi e preconcetti pur considerandosi progressista.

Un esempio? Nei dispacci di agenzia i soliti giornalisti, infetti e in malafede oltreché inconsapevolmente pericolosi per il danno che esercitano travisando la verità con la loro supponenza e la loro inutile e  stupida ironia, hanno scritto che il generale si crede Giulio Cesare facendolo passare per un fuori di testa e un megalomane. Invece non è così, Nel testo Vannacci si prende, quasi, volutamente in giro per quel suo ritenersi, coltivando una consapevole illusione, erede, come in realtà è e come lo siamo, in un certo senso, anche tutti noi, di quel Giulio Cesare che tanto diede alla storia universale e che proveniva proprio da queste latitudini. Una perdonabile leggerezza, un gesto affettuoso verso i libri di storia e verso la lingua latina che Vannacci, evidentemente viste le sue citazioni nel testo, padroneggia bene. 

Dateci retta: se volete capire perché questo mondo va alla rovescia - o al contrario - e perché dovremmo, tutti insieme, fermarlo prima che ci conduca al disastro ormai non più rinviabile, leggetelo e lasciate perdere i padroni del web, gli imbecilli a un tanto al chilo che non sanno e parlano (e scrivono) a vanvera. 

E soprattutto, che il libro lo leggano il ministro Guido Crosetto, l'inutile presidente della Regione Toscana Eugenio Giani che soltanto a leggere quello che dice o vederlo quando si muove rischiamo l'itterizia per non dire peggio, i tanti giornalisti e intellettuali la cui ignoranza e presunzione sono direttamente proporzionali alla loro presupponenza. Che lo leggano e, se ne sono capaci, dopo averlo fatto che infilino la testa nel cesso tirando lo sciacquone. Chissà che il farlo non li aiuti a schiarirsi le idee.

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