Economia e lavoro
23 le cartiere e certotecniche italiane premiate per Obiettivo Zero
Sono ventitre le cartiere e cartotecniche italiane premiate alla Fondazione Giuseppe Lazzareschi di Porcari (LU) per la 21° edizione del progetto Obiettivo Zero, iniziativa in materia di sicurezza…

Valmet, l’azienda tira a dritto: al via la procedura per 34 esuberi nello stabilimento di Mugnano
Gli esuberi alla Valmet Converting di Mugnano? Non 22, come apparso inizialmente, ma 34. A renderlo noto sono Fiom Cgil Lucca, Cisl Toscana Nord e Uilm Uil Toscana…

Una stella al merito del lavoro per Alfredo Giusti
Ssono state consegnate le importanti onorificenze delle stelle al merito del lavoro nell’esclusiva cornice di Palazzo Vecchio a Firenze. Oltre 60 premiati presenti all'evento che ogni anno vede…

Presidio in Piazza Napoleone per protestare contro la mancata applicazione della legge 199/2016
Lunedì 26 maggio alle ore 10:00 la Flai Cgil Lucca scenderà in manifestazione in Piazza Napoleone, nell'ambito della mobilitazione nazionale della categoria sindacale dei lavoratori del settore agroalimentare, per…

Marco Agnitti, riconfermato alla presidenza di GESAM Reti Spa, presenta il bilancio 2024
Approvato dall’Assemblea dei Soci di GESAM Reti Spa il bilancio 2024 che presenta un aumento dei ricavi e degli utili, risultato questo che ha consentito un incremento del 12% del dividendo distribuito al Comune di Lucca, azionista di maggioranza della società

Andrea Giannecchini conclude dieci anni alla guida della Cna Lucca
Crescita, sviluppo, riorganizzazione associativa, ma soprattutto costante lavoro a sostegno delle piccole imprese del territorio, sia in ambito politico sia nell’erogazione dei servizi. Sono questi alcuni dei punti…

Domanda di lavoro in aumento a Lucca e Massa-Carrara, lieve calo a Pisa a maggio 2025
Servizi in crescita grazie al turismo. Calo nel commercio, rallenta l'industria. Alle donne offerta solo una posizione su cinque

Licenziamenti Valmet, i lavoratori saranno ascoltati a Palazzo Ducale in uno dei prossimi consigli provinciali
I lavoratori degli stabilimenti lucchesi della multinazionale Valmet (ex Perini e poi Korber - ndr) saranno invitati a Palazzo Ducale, a Lucca, dove saranno ascoltati in Consiglio provinciale

Essity inaugura il suo nuovo magazzino a Porcari
È stato inaugurato mercoledì a Porcari, nella piana di Lucca, alla presenza del Sindaco Leonardo Fornaciari e del consigliere della Regione Toscana Valerio Fabiani, il nuovo magazzino…

Benedetta Taddeucci, commerciante controcorrente
Andare controcorrente a Benedetta è sempre piaciuto. Dalla centralissima e brulicante Via Cenami a una Chiasso Barletti all’epoca ancora in ombra, da quel suo scrigno di cioccolata e…

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È lungo, lunghissimo, il comunicato ufficiale con cui la sezione lucchese di LAV (Lega anti vivisezione lucchese) si è scagliata contro le ultime decisioni prese da Coldiretti, ma anche da Campagna Amica, Filiera Italia e World Farmers Markets Coalition, in merito ad un possibile supporto e valorizzazione della cosiddetta “clean meat” o carne coltivata.
La questione della carne coltivata sta pian piano facendosi spazio all’interno del dibattito nazionale, esemplare il servizio proposto da Report su Rai3, ma sembra che ai piani alti del comparto agroalimentare facciano orecchie da mercante: il “made in Italy” è un qualcosa di troppo prezioso per essere messo in discussione.
Quelli di LAV però non sentono storie, e si vede vista la carrellata di citazioni di frasi celebri e accenni di studi scientifici: per loro l’idea di un prodotto fatto in laboratorio non solo è etico, ma avrà un impatto infinitesimale sulla salute del pianeta rispetto a quello che oggi ha l’allevamento intensivo.
Meno uccisioni animali, meno inquinamento, più spazio per colture e habitat per altri animali: LAV, per bocca della presidente di sezione Chiara Testi e dell’attivista volontaria Elena Franceschini, vede nella carne coltivata una scommessa in cui è impossibile perdere.
Un motivo in più per esternare tutta la loro insoddisfazione riguardo ai commenti dati da Coldiretti e soci, etichettate come ascientifiche e legate ad interessi economici.
“In questi ultimi giorni alcuni esponenti politici dei vari schieramenti, addetti al settore agricolo e non solo, si sono dichiarati apertamente “anti-scienza”. Se fino a qualche mese fa la maggior parte di loro aveva dimostrato una fiducia cieca nella ricerca scientifica, oggi sembra essere calato un velo di sfiducia e scetticismo. A lanciare la sfida alla cosiddetta “clean meat”, o carne coltivata (e non “sintetica” come erroneamente viene definita da chi dovrebbe dare informazioni corrette alla popolazione), è “Coldiretti”, insieme a Fondazione “Campagna Amica”, “Filiera Italia” e “World Farmers Markets Coalition”. Quello delle alternative all’allevamento e alla macellazione di animali è un tema tanto complesso quanto importante, che riguarda il futuro del pianeta e delle nuove generazioni. “Sfuggiremo all’assurdità di far crescere un pollo intero, solo per mangiarne delle parti, facendo crescere quei pezzi in un ambiente adatto”, aveva predetto Winston Churchill. A prescindere dal fatto di essere favorevoli o meno a tali prodotti innovativi, dovremmo prima di tutto chiederci perché si sta investendo molto su nuovi sistemi di produzione alimentare, in particolare sui sostituti di quelli di origine
animale. La prima riflessione da fare però è quella che porta a chiederci se gli animali possono soffrire, come già affermava il filosofo e giurista Jeremy Bentham nei secoli scorsi, per decidere di liberarli dal dolore e dalla morte. L’ “Oxford Centre for Animal Ethics”, ed i principali Istituti di ricerca, ci confermano che essi sono capaci di costruire relazioni, sentire emozioni, provare sentimenti. Il tempo della concezione cartesiana dell’animale-macchina è ormai superato: gli animali sono esseri senzienti, individui cui garantire benessere e diritti, e non “cose” a nostra disposizione. “Verrà un giorno in cui guarderemo all’uccisione degli animali nello stesso modo in cui oggi si guarda a quella delle persone”: così Leonardo da Vinci. Chissà se quel giorno non si stia avvicinando. Sulla base della dichiarazione di Cambridge sulla coscienza degli animali non umani, le legislazioni di tutto il mondo, derivanti dal diritto romano, stanno modificandosi in base agli “Animal Rights”. “La “carne coltivata” ferma la crudeltà nei confronti degli animali, è migliore per l’ambiente, può essere più sicura, efficiente e salutare. Abbiamo l’obbligo morale di supportarla”, così il bioeticista australiano Julian Savulescu. Sorprende dunque la generale levata di scudi proprio da parte di chi dovrebbe stare dalla parte della pace, della giustizia e delle pratiche non cruente. Luca Lo Sapio, bioeticista italiano, ha evidenziato l’impatto positivo che questa tecnologia può avere sulla biosfera, sulla salute umana e sul benessere animale. Un tipo di ricerca da monitorare e valutare con occhio critico, considerando rischi e benefici, ma non da contrastare in toto. Non si dovrebbero fomentare reazioni tecnofobiche ed oscurantiste, evocando paure ancestrali. Tralasciando gli aspetti filosofici ed etici, ci concentriamo qui su quelli ecologici ed ambientali Secondo dati ISTAT, in Italia nel 2019 sono stati macellati 11.481.326 suini, 2.624.815 bovini, 511.764.000 polli, 16.573.000 conigli, 2.810.435 ovini. Si parla di circa 150 miliardi di animali all’anno a livello globale, esclusi i pesci. Un massacro sistematico, massivo, innecessario. Le immagini pubblicitarie ideali e bucoliche di animali liberi di pascolare in prati verdi rappresentano, purtroppo, solo una percentuale esigua degli allevamenti, anche per quanto riguarda quelli italiani: il 93,3% degli allevamenti di bovini, il 99,3% di quelli suini e il 99,3% degli avicoli sono intensivi, mentre il 55% delle galline ovaiole vive in gabbia. La chimica e la genetica sono ormai da decenni utilizzate nel cosiddetto “cibo naturale”, in tutte le fasi della filiera. Secondo il Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC), l’attuale sistema zootecnico contribuisce in modo significativo
all’esaurimento e all’inquinamento di risorse primarie come l’acqua, all’immissione in atmosfera di gas serra ed è imputato nella deforestazione degli ultimi polmoni verdi del globo. Il 60% dei mammiferi a livello mondiale è costituito da animali allevati, il 36% rappresenta gli esseri umani, mentre solo il 4% riguarda i selvatici. Il 70% degli uccelli è allevato, solo il 30% è selvatico. Un disequilibrio ecosistemico senza precedenti, che mette a rischio la sopravvivenza stessa dei “sapiens”, in larga parte causato dal tipo di alimentazione che scegliamo ogni giorno, più volte al giorno. Ciò che mettiamo nel piatto è dunque un atto politico e collettivo, che può cambiare il destino del mondo. Per ottenere un burger di carne animale sono necessari 1700 litri d’acqua, 270 litri per un hot dog; l’85% delle emissioni nel settore alimentare riguarda cibi
di origine animale. “Our World in Data” mostra che per gli animali destinati a diventare “carne” sono necessari 2.89 miliardi di ettari di terreno e 538 milioni di ettari per produrre il loro cibo; il 70% della superficie agricola dell’Unione Europea è destinata alla coltivazione di mangime e foraggio per gli animali, invece che a diventare cibo per le persone. Si trova cibo ed acqua per un numero esorbitante di bovini, suini, polli ed altre specie, ma non per nutrire i quasi dieci miliardi di persone che popoleranno il pianeta tra qualche anno. Nel mondo, 800 milioni di esseri umani soffrono la fame, poiché un’ampia parte del terreno coltivabile è destinato a far crescere foraggio per gli animali che diventeranno “carne”, il cui “indice di conversione” (IC) non è efficiente. Ricercatori di Oxford ed Amsterdam hanno rilevato che la produzione di carne coltivata ridurrebbe i consumi energetici del 45%,, richiedendo solo il 2% di tutte le terre utilizzate per l’industria dell’allevamento, con emissioni di gas serra nettamente inferiori. Scegliere un tipo di alimentazione “plant based” (a base vegetale) è quello che potremmo e dovremmo decidere di fare per il pianeta e i suoi abitanti. Secondo studi condotti da Walter Willett, professore presso la Harvard School of Public Health, entro il 2050 i sistemi alimentari mondiali dovranno radicalmente cambiare verso una dieta a base vegetale. Ormai sulla sicurezza ed i benefici delle proteine vegetali, sia a livello nutrizionale che salutistico, si sono espressi favorevolmente i “position paper” e gli studi in “peer review” delle principali accademie scientifiche di nutrizione umana. Non possiamo tralasciare di evidenziare, inoltre, come i “nostri” politici, sia a livello nazionale che locale, non abbiano mai davvero informato la
popolazione circa il rischio zoonosi che gli allevamenti di animali comportano, come invece avrebbero dovuto fare. L’occasione che ogni situazione di crisi porta con sé non è stata colta, e cioè quella di adottare stili di vita nuovi e sostenibili. “Non torniamo come prima” è stata la campagna di LAV in tempo di pandemia, promossa attraverso “flash mob” in tutta Italia: iniziativa che tendeva ad informare la cittadinanza sui comportamenti che mirano alla prevenzione di future zoonosi. La pandemia da Covid-19, che pian piano ci stiamo lasciando alle spalle e che tanto dolore ha causato, avrebbe dovuto insegnarci qualcosa, in primis a rispettare il principio di precauzione. Invece di fomentare paure ancestrali evocando l’incombere di un cibo “sintetico”, non a caso viene utilizzata una terminologia fuorviante, bisognerebbe sottolineare come non sia naturale nemmeno allevare animali selezionati artificialmente, come i suini “large white” o i polli “broiler”; non è naturale ammassarli a migliaia in capannoni saturi di ammoniaca, senza la possibilità di vedere la luce del sole per tutta la loro vita ed alimentarli anche con prodotti OGM. Non è naturale detenerli in luoghi fetidi e bui e non curare gli animali malati lasciandoli morire tra quelli vivi, sommersi da topi e sporcizia; non è naturale immobilizzare le scrofe nelle gabbie di contenimento per tutta la vita, ingrassare polli fino a renderli deformi e con gli arti spezzati a causa del loro petto sproporzionato; non è naturale separare i vitelli appena nati dalle loro madri, per chiuderli in piccoli box se femmine ed ucciderli se maschi; non è naturale legare a catena le vacche ed ingravidarle artificialmente per farle diventare macchine da latte; non è naturale triturare vivi pulcini maschi perché inutili all’industria. Come sostiene il filosofo pioniere dei diritti animali Peter Singer, a causa di quella parte di società “carnista” è oggi più che mai necessario trovare delle alternative allo sfruttamento di corpi di animali, di territori e popolazioni del sud del mondo; dovremmo cercare di approfondire, capire e conoscere, piuttosto che demonizzare in nome di una tradizione che fa parte di un immaginario ideale, ma anacronistico e spesso distorto. Adesso possiamo provare ad immaginare laboratori con le pareti di vetro, molti diversi dai mattatoi, concepiti ed organizzati lontani dalla nostra vista e dai nostri più cupi pensieri. La società evolve e l’alimentazione segue il passo del cambiamento. Ricordiamo come gli spaghetti, diffusi dal 1700, non furono visti di buon occhio per decenni. Erano infatti considerati un alimento esotico, troppo lontano dalla tradizione culinaria dell’epoca. Si trattava infatti di una pasta allungata, proveniente dall’oriente, condita con del pomodoro, importato dalle Americhe. Oggi sono uno dei simboli dell’italianità e del “made in Italy”.
Commento del direttore (ir)responsabile: la carne sintetica la devono mangiare quelli della Lav se proprio ci tengono. Noi continuiamo ad amare le nostre belle bistecche e i nostri polli allevati, se possibile, come Cristo comanda. Un conto è la lotta alla vivisezione e ad altre pratiche barbare di sfruttamento degli animali, pienamente condivisibili come lo era agli inizi della vita della Lav, altro è appoggiare la carne in laboratorio, una assurdità al pari di tante altre di un mondo che va sempre peggio. Infine una preghiera: scrivete di meno altrimenti la prox volta un comunicato così lungo o ve lo redazionate da voi o non lo pubblichiamo.
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Federconsumatori Lucca, attraverso i dati Istat, fa il punto sulla situazione preoccupante relativa all’andamento dei consumi, cioè la capacità dei cittadini di acquistare i beni, denunciando anche l’inadeguatezza del DL quater, misura realizzata dal governo per combattere l’attuale crisi economica ed energetica.
“L’Istat rivede lievemente al ribasso le stime dell’inflazione nel mese di ottobre: il tasso si attesta al +11,8% su base annua e al +3,4% su base mensile – spiega Federconsumatori -. Resta su livelli record anche il tasso relativo al carrello della spesa, che si attesta al +12,6% (il dato più elevato da giugno 1983).”
L’inflazione, però, non è la sola preoccupazione degli italiani, nonostante anch’essa stia toccando vette record. A gonfiare in modo significativo le spese sono soprattutto i rincari dell’energia e delle materie prime, legati alla crisi ucraina e particolarmente sentiti dalle fasce più deboli.
“Preoccupa la crescita dei costi, non solo in campo energetico, dove il tasso schizza dal +44,5% di settembre al +71,1%, ma anche in campo alimentare, con il tasso che raggiunge quota 13,1% (da +11,4% di settembre). Alla luce di tassi così elevati le ricadute per le famiglie saranno pesantissime: secondo le stime dell’O.N.F. (Osservatorio Nazionale Federconsumatori) gli aggravi ammonteranno a +3.516,40 euro annui a famiglia, di cui +728 euro annui solo nel settore alimentare.”
L’insieme di tali rincari pesa in maniera insostenibile sulle spalle dei cittadini, che, sempre più numerosi, lamentano disagi e difficoltà. In molti casi, questi costringono le famiglie italiane a rinunciare a beni percepiti ormai come “di lusso” come carne o pesce o a cambiare radicalmente i propri regimi alimentari, affidandosi a discount o prodotti di minor qualità.
“L’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha rilevato importanti modifiche nelle abitudini delle famiglie: dal calo del consumo di carne e pesce del -16,8% (settori in cui si nota anche uno spostamento verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati), alla riduzione del consumo di frutta e verdura (che riguarda il 12,9% dei cittadini), al ricorso sempre più assiduo a offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 46% dei cittadini).”
“I dati odierni dimostrano quanto sia urgente e necessario che il Governo intervenga per sostenere le famiglie, specialmente quelle meno abbienti, che sono le più penalizzate dalla crescita inflattiva – avverte Federconsumatori . La prime risposte contenute del DL aiuti quater sono a nostro avviso ancora insufficienti: troppo poche le risorse destinate ai cittadini, incomprensibile l’esclusione degli utenti domestici dall’accesso alla rateizzazione delle bollette, manca inoltre ogni riferimento alla sospensione dei distacchi per morosità.”
“Pertanto – conclude Federconsumatori Lucca - chiediamo che il Governo prenda seri provvedimenti di contrasto ai fenomeni speculativi, rafforzando i poteri dell’autorità di vigilanza sui prezzi; è improrogabile, inoltre, una profonda revisione e riforma delle aliquote I.V.A., che preveda una sterilizzazione ed un contenimento dei prezzi su tutti i beni primari.”