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Giocatori Flop in Serie A Esplosi all'Estero
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Derubata in casa mentre era in vacanza, l'amarezza di una insegnante abitante a San Concordio
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Il centro storico ridotto ad uno... zoo: la protesta di una residente
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Tennis moderno: come cambia il gioco, tra tornei e online
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Ripple (XRP) e Dogecoin (DOGE): gli investitori scelgono RI Mining Cloud Mining, guadagnando $25.000 al giorno
Recentemente, con il rialzo simultaneo dei prezzi di XRP e DOGE, il mercato delle criptovalute ha rapidamente riconquistato popolarità. I dati mostrano che Dogecoin è tornato al livello…

Elogio a Goffredo Fofi
Se si facesse un sondaggio, tra gli italiani, su quanti conoscessero Goffredo Fofi, su quanti lo abbiano letto o su quanti sapessero almeno chi fosse, credo che non si arriverebbe ad una percentuale a doppia cifra!

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Con questa lettera numero 7, che pubblichiamo oggi domenica 10 gennaio, battesimo del Signore e conclusione del tempo di avvento e Natale, i preti e diaconi di Lucca sospendono la "comunicazione settimanale" alla città e, soprattutto, alla gente che abita la città:
Il nostro percorso attraverso questo tempo di Avvento e Natale si è lasciato illuminare dall’invito del nostro vescovo ad “allenare la speranza”. Fragile e preziosa la speranza, non possiamo generarla da noi stessi. E’ piuttosto un dono, una dote che si accompagna alla vita stessa in modo inseparabile. L’uomo comune, anche la persona più semplice o sprovveduta, sperimenta infatti che vivere è sperare. Così la speranza che non possiamo generare né costruire o fabbricare, ci chiede il compito più povero e più vero di un paziente esercizio o, ancor meglio, di un’umile coltivazione. Il messaggio del Papa per la giornata della pace si è incentrato quest’anno sul “prendersi cura”. Ecco un’ulteriore luce a rischiarare il nostro percorso sul “training” della speranza: fragile e preziosa essa ci chiede una costante cura.
Se “vivere è sperare”, la speranza risponde alle leggi della vita. Nasce da un seme piantato dall’amore che non cede immediatamente il suo frutto maturo, ma lo consegna all’attesa del prendersi cura. Niente che sia realmente legato alle dinamiche della vita e dell’amore si dà già nel suo stadio finale e compiuto, come realizzato all’istante e consegnato in modo immediato al nostro pronto godimento. Tutto ciò che è vita chiede il prendersi cura, impone l’opera paziente della coltivazione.
Coltivando ciò che è buono e amabile, ciò che vale e merita, noi coltiviamo anche la stessa speranza, che trova alimento proprio dal prendersi cura.
Dio ha segnato la vita con la legge del seme, con il ritmo paziente della crescita che richiede la condizione della cura. Il contadino conosce questa legge; ancor più la conosce una madre nella sua dedizione quotidiana al proprio piccolo. Conosce questa legge chi ha a che fare con le sofferenze altrui, con il male fisico e mentale, cercando di fasciarlo col balsamo amorevole della cura. La conosce chi lavora per educare i piccoli, per consegnare un testimone autentico alla generazione che viene. Applica questa legge di custodia e promozione della vita chi cerca di preservare questo mondo da ogni forma di corruzione, nei suoi aspetti ambientali, etici e sociali, lavorando umilmente per la crescita lenta e silenziosa del bene. La vita, come la speranza è seme. Tutto ciò che è buono è seme, generato dall’amore, il cui frutto è affidato alla cura della mano operosa e rispettosa del’uomo.
Anche la parola è seme, quando la comunicazione si dà come atto di amore. Gesù ricorda che anche la parola di Dio si rivolge al cuore dell’uomo come il seme al terreno, portando frutto solo nella pazienza accogliente e perseverante. La parola della comunicazione vera, come la Parola di Dio, non si dà allora come ordine perentorio che ottiene per effetto l’obbedienza immediata, che fa appello alla pura efficienza, ma solo come energia nascosta che attende di sbocciare, attraverso la fiducia nel terreno riscaldato dell’amore. Quante parole antiche, della sapienza passata, frutto dell’amore di chi ci ha voluto bene, hanno attecchito in noi soltanto dopo lungo tempo, portando con sorpresa frutti tardivi in stagioni che ormai non attendevamo più!
Continuiamo dunque a custodire la memoria del bene, le parole che ci hanno fatto bene e prendiamoci cura di tutto ciò che è piccolo: così crescerà la speranza che anima il vivere, sul terreno fecondo dell’amore.
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa testimonianza inviataci da una mamma che, ieri sera a Porta dei Borghi, c'era e ha visto con i propri occhi e non con quelli foderati di prosciutto dei giornalisti mainstream che tanto abbondano anche a queste latitudini:
Caro direttore,
non ho una domanda da farle, ma ho letto quanto ha scritto nel suo Ce n'è anche per ecco a cena e vorrei solo spezzare una lancia in favore dei ragazzi che si sono resi protagonisti dell'increscioso episodio... di voglia di vivere.
Sono una mamma e la sera in questione ero lì, ma solo perché avevo accompagnato mia figlia adolescente che ha la fortuna di praticare uno sport per il quale può allenarsi, appunto, al suo allenamento e così mi sono recata ad un negozio a Porta dei Borghi.
Erano le 18-18.30, li ho visti sì. Erano tanti, ma, forse, mi è sembrato così anche perché non sono più abituata a vedere tanta gente tutta insieme. Sì avevano le mascherine abbassate, ma, o stavano bevendo o fumavano. Sì, erano a gruppetti e chiacchieravano, ma a distanza e le foto spesso ingannano. Insomma mi sembra che quando c'è da dare addosso a qualcuno si tenda in po' troppo a demonizzare questi ragazzi che mi pare si siano attenuti alle regole forse anche più di noi grandi.
Diciamo dobbiamo proteggere i nostri anziani, ma io vedo in giro molti anziani e pochi ragazzi e poi scusate per avere rispetto prima bisogna darlo. Questi ragazzi li abbiamo presi in giro con la scuola, prima sì, poi no, i banchi con le rotelle e con gli insegnanti e non si sono visti né gli uni né gli altri (a Lucca lunedì tanti torneranno a scuola, ma nei container).
A me sembra solo che stiano cercando un capro espiatorio per la famosa terza ondata che ci sarà... forse, ma per l'incapacità di chi ci governa. E' come per l'inizio della scuola: non erano i ragazzi che andavano a scuola, ma come ci andavano? (i trasporti non furono organizzati minimamente).
Ora siccome non sono stati capaci di organizzare la vaccinazione (troppo lenta) la colpa è di nuovo dei ragazzi che alla fine che fanno? Il loro lavoro... i ragazzi che, per fortuna, hanno ancora voglia di divertirsi un po'. Non mi sento di condannarli. Qualcuno ha idea del danno psicologico che subiranno per questa situazione? Ci preoccupiamo giustamente della salute fisica... ma quella mentale? Avete idea del trauma che hanno subito?
Quando ero adolescente io, se mi mettevano in punizione una settimana era un dramma. Questi ragazzi sono in punizione da un anno e senza aver fatto niente. Un po' di comprensione non guasterebbe.