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Da sempre le carte da gioco rappresentano un pilastro della nostra cultura. In quest’articolo faremo un viaggio nelle origini e nella progressione dl quest’ultime nel contesto italiano. Ci soffermeremo particolarmente sul tardo Medioevo e sul Rinascimento e vedremo il loro impatto nella formazione del gioco del Poker.
L’Italia, grazie al suo grande patrimonio culturale e artistico e alla lunga storia, ha da sempre giocato un ruolo fondamentale nella diffusione di varie espressioni artistiche e su alcune modalità d’ intrattenimento che hanno influenzato tutta l’Europa.
Le carte da gioco ne rappresentano un perfetto esempio. Impreziosite da disegni, dettagli e vari simboli, questi pezzi di carta erano ben più di semplici oggetti ludici.
Essi rappresentavano un vero e proprio emblema di uno status sociale rispecchiando le usanze e le peculiarità locali.
Mentre le allora città – stato come Venezia o Firenze acquisivano potere, la passione per le carte da gioco cresceva esponenzialmente. Ben presto divenne uno degli hobby preferiti da molte persone. Mercanti ed esploratori, durante i loro spostamenti, diffondevano l’uso di questi mazzi di carte, accendendo la curiosità e la passione per i giochi in tutto il continente.
Fu proprio questa popolarità a creare terreno fertile per la nascita di giochi come il Poker. Quest’ultimo ha sapientemente integrato e reinterpretato alcuni aspetti di giochi popolari tradizionali del tutto italiani.
Sono moltissimi i tornei, le modalità e le piattaforme digitali che possono offrire un’esperienza di Poker unica e intrigante. Ed è proprio qui che risiede la bellezza di poterlo giocare online. L’intensità e l’eccitazione delle mani giocate dal vivo sono state perfettamente trasportate sulle piattaforme. Quindi che voi siate giocatori novizi o esperti, esiste già la piattaforma perfetta che può offrirvi i migliori giochi e aprirvi le porte all’affascinante mondo del Poker online.
Le prime apparizioni delle carte da gioco
Le prime tracce di carte da gioco in Italia risalgono approssimativamente al 14° secolo. Ovviamente erano molto diverse da quelle che conosciamo oggi. Erano realizzate con materiali preziosi come avorio e osso e spesso erano decorate e dipinte a mano con immagini molto elaborate. Da qui si deduce che queste prime carte da gioco erano un vero e proprio lusso riservato solamente alle classi superiori.
L’emergere del Poker
Il Poker come tutti noi lo conosciamo oggi affonda le sue radici in diversi giochi di carte molto popolari in Italia nel periodo del Rinascimento. Uno di questi era il Primero, considerato da molti il predecessore del Poker attuale.
In questo gioco i partecipanti ricevevano tre carte e scommettevano sulla forza delle loro mani. Mentre il gioco del Poker stava quindi pian piano sviluppandosi, la popolarità delle carte da gioco cresceva sempre più in tutta la penisola. Questo ha certamente contribuito all’ideazione e alla creazione di nuovi design e mazzi, alcuni dei quali sono ancora in uso oggi.
Se sei interessato al poker moderno e vuoi scoprire perché molti considerano l’online poker il migliore del mondo, quest’articolo fa per voi.
È indubbio che le carte italiane abbiano avuto una grande influenza nello sviluppo del Poker. Basti pensare, ad esempio, come il mazzo italiano standard di 40 carte abbia modificato la struttura di molti giochi di carte tradizionali. Parole come Casinò o poker, di radici italiane, sono riconosciute a livello globale come classici emblemi del gioco d’azzardo.
La storia delle carte italiane è molto ricca e coinvolgente. Rispecchia totalmente le mutevoli tendenze social, culturali e storiche del nostro Paese. Durante il Rinascimento L’Italia si trasformò in un vivace centro d’ arte e cultura con un occhio sempre puntato al progresso.
Metropoli come Firenze, Venezia e Milano diventarono dei veri fulcri di commercio e cultura. Fungevano come delle vere calamite per artisti, intellettuali e innovatori provenienti da tutta l’Europa. È proprio in questo ambito che le carte da gioco sono diventate, oltre che fonte di divertimento, veicoli di espressione artistica, offrendo anche vari spunti di riflessione.
Molti dei primi mazzi di carte italiane erano delle vere e proprie opere d’arte in miniatura. La loro realizzazione fu commissionata a molti artisti rinomati dell’epoca. Il loro compito era quello di disegnare mazzi unici per la nobiltà e la nuova borghesia emergente.
Questi mazzi rappresentavano spesso scene mitologiche, storiche o di vita quotidiana. Ogni carta era un vero capolavoro di dettagli e creatività.
L’influenza delle carte italiane sul poker
Oltre al loro valore artistico, le carte italiane hanno portato innovazioni nei vari modi di giocare e plasmato così lo sviluppo del poker. Alcuni giochi della tradizione come Briscola o Scopone, hanno introdotto i vari principi come l’ordine delle carte e la rilevanza della tattica. Tutti elementi che sono ancora oggi essenziali nel poker moderno.
La parola “Casino” che in origine significava piccola abitazione è stata utilizzata per nominare spazi completamente dedicati al gioco e al divertimento. Il suo significato si è ampliato con il passare del tempo associandosi a delle vere sale da gioco o generalmente a luoghi di scommesse. Questa trasformazione sottolinea in maniera marcata l’importanza del gioco nella tradizione italiana e la sua risonanza all’interno dell’industria del gioco mondiale.
Anche l’adozione della parola Poker nel linguaggio comune è un altro esempio d’influenza italiana. Sebbene ci siano ancora discussioni sulla radice del termine, in molti sostengono che possa derivare dalla parola “poca” che significa “poco” o “piccolo”, alludendo alla modesta somma di denaro inizialmente puntata nel gioco.
Con il loro affascinante retaggio, le carte italiane hanno certamente lasciato un segno indelebile nell’intero panorama ludico mondiale. Hanno fornito le basi per lo sviluppo di altre carte e influenzato pesantemente la cultura del gioco a livello internazionale. La loro eredità continua ogni qualvolta un mazzo di carte viene distribuito e si inizia una nuova mano in una qualsiasi partita a carte.
Il rinascimento e le carte da gioco
Fu proprio durante il Rinascimento che l’arte e la cultura italiana fiorirono le carte non furono certo da meno. Come abbiamo già accennato molti artisti dell’epoca, anche molto rinomati, furono incaricati di creare mazzi di carte per la nobiltà. Questi erano delle vere e proprie opere d’arte e le loro rappresentazioni dei piccoli capolavori.
La popolarità del poker durante il Rinascimento
Il poker divenne molto popolare tra le classi agiate e superiori durante il periodo rinascimentale. Era infatti spesso giocato nelle corti e nei saloni delle grandi case nobiliari. Mentre il gioco iniziava a diffondersi nascevano anche delle nuove varianti, alcune delle quali sono ancora giocate ai giorni nostri.
Conclusioni
Le carte da gioco hanno avuto un ruolo fondamentale nella cultura italiana che si è protratto per secoli. Sono riuscite a influenzare arte, storia e ovviamente anche i giochi a loro associati. Ogni mazzo di per sé ha qualcosa da raccontare, riflettendo tradizioni e innovazioni sviluppatesi nel corso degli anni.
Dai bellissimi mazzi rinascimentali dipinti a mano alle attuali carte plastificate, l’Italia ha avuto sempre un ruolo fondamentale e pionieristico durante la loro evoluzione. Le carte sono diventate simboli di identità culturale e riescono a rappresentare anche la passione italiana per il design, la competizione e la strategia. Mentre continuano a evolversi le loro radici italiane rimangono influenti e profonde, testimoniando così la loro importanza nella nostra vita quotidiana.
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Riceviamo e, come sempre, volentieri pubblichiamo questa lettera inviataci da un vecchio amico e collega. Questa volta, però, a differenza delle altre, in calce troverà una risposta al suo intervento che non condividiamo in molti suoi aspetti a cominciare dal fatto che non siamo stati noi ad alzare i toni per primi e non rinunceremo, certo, a farlo.
Gentile direttore delle Gazzette,
l'incipit di questa lettera non prevede – come vedi – il tuo pluricitato "ir" che precede "responsabile" in quanto questo ruolo, cioè quello di direttore responsabile della testata giornalistica ancora una volta risulta essere importante: eticamente e legalmente, soprattutto a seguito dell'ultima corrida alla quale ti sei esposto, ovverosia il casus belli legato alla presentazione del libro scritto da un generale dell'Esercito italiano.
Chi scrive è stato cugino di un generale medico dell'Esercito, che in passato ha svolto diligentemente e per una vita intera il proprio ruolo anteponendo onestà, rispetto, fedeltà e passione all'interno di un pezzo dello Stato che ha onorato secondo quanto recita la Costituzione e la disciplina del Corpo cui è appartenuto.
Si può essere più o meno filo-militari; si può anche non esserlo. Ma non è questo il punctum dolens.
Personalmente non temo incursioni da "colpo di Stato" che tu ben conosci, avendone incontrato traccia durante il lavoro di approfondimento storico di certe vicende italiane. Sono fortemente preoccupato, invece, per una deriva inquietante che sta prendendo il linguaggio. Non solo quello pubblico, il cui megafono è il nostro "meraviglioso" mondo giornalistico che, insieme ai "social", abbevera il turpiloquio, quello che dalla pubblica piazza arriva, inquinando una massa di persone ormai sempre più preoccupate: il lavoro, la salute, la prospettiva di una vita decente. Tra queste ci sono i giovani, solo alcuni dei quali avviluppati a concetti di vita legati al successo, alla prestanza fisica, al denaro. E che sfociano con il "possesso" del corpo della donna perché, evidentemente, è mancato e sta mancando un canale di comunicazione che educhi, spieghi, coinvolga, produca socialità, conoscenza; che infranga i tabù e liberi le menti ancora prigioniere dagli stereotipi molto, troppo diffusi. Sono saltati i riferimenti; difficile non pensare a chi dovrebbe educare: non più tardi di qualche giorno fa, ho assistito a una reprimenda di una madre che al proprio figlio di una decina di anni gli ha detto: «Non devi fare così, perché io sono una persona educata, ca**o!». Giusto per fare un esempio di disarmante attualità.
C'è un tempo, come diceva Ivano Fossati; c'è un tempo in cui l'asticella dello scontro, a partire da quello verbale, deve necessariamente abbassarsi perché la conflittualità che stiamo vivendo sta esacerbandosi. I fatti di cronaca, caro direttore, la violenza che fa sferrare un pugno uccidendo un povero uomo inerme; la violenza che sta sfociando fra i ragazzi, il ricorso all'uso di alcool e droghe – gli studi scientifici lo evidenziano tristemente insieme ai disturbi della personalità – hanno bisogno di riportare il senso del dialogo affinché questo torni a transitare dalle parole.
Chi fa il nostro mestiere le parole le usa: dovrebbe saperle adoperare per informare, per far conoscere i fatti, senza ipocritamente tralasciare la propria opinione, naturalmente. Per questo ho deciso di farti recapitare queste poche righe: perché quanto ho letto sulle tue dichiarazioni decisamente grevi, non possono appartenere a un linguaggio che vieppiù deve contrassegnare un modo di agire, avendo tra gli obiettivi l'incontro tra diverse opinioni ma sempre all'interno di una cornice rispettosa. Il giornale online o cartaceo è questo, un luogo che ospita uomini e donne che la pensano diversamente ma che si "riconoscono".
Non so quanto a te importi del pensiero mio e di altri; ma so che la tua rabbia arriva da lontano, che il tuo carattere si è indurito e che molte persone sono altrettanto arrabbiate (o deluse) dal tuo modus operandi.
Sei e rimarrai libero di scrivere ciò che vuoi, in un Paese come il nostro che prevede ancora, pensa, di poter votare liberamente per scegliere chi mandare al governo della Nazione o di un Comune. Ma non usiamo il bastone per contrastare un'opinione, non usiamo le parole come sassi per lapidare nessuno. Ciascuno di noi può fare la propria parte, anche tu se lo vorrai.
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Caro Maurizio,
altre volte ho evitato di risponderti visto che quello che scrivevi mi trovava sempre d'accordo, ma questa volta, purtroppo, non è così e, quindi, mi vedo costretto a dirti quello che penso. Non ho ben capito se te la prendi con me perché i miei toni sono troppo alti o perché difendo il generale Vannacci semplicemente scrivendo le mie considerazioni o per entrambe le cose. Innanzitutto se qui qualcuno ha alzato i toni ed è un eufemismo, sono i giornalisti fluidi del pensiero unico e qualche imbecille su facebook che ha offeso e dileggiato chi scrive solamente perché ho il coraggio di metterci la faccia sempre mentre loro si nascondono dietro foto fasulle o profili senza identità. A tutta questa gente non ho granché da dire, ma molto, molto da rimproverare e la disprezzo. Senza se e senza ma. Non sopporto chi non ha gli attributi per assumersi le proprie responsabilità quando scrive o dice qualcosa. Sono degli eunuchi in tutti i sensi di cui il mondo, francamente, non avverte tutta queste necessità.
Scrivi che c'è gente che è delusa dalle mie parole? E allora? Non sono nato ieri e ormai ho capito che non si può piacere a tutti anzi. Quello che è avvenuto nei riguardi del generale Roberto Vannacci - e tu sai che io non sono certo un militarista e che scrivo patria con la p minuscola da sempre - è vergognoso e dimostra ancora una volta che in questo Paese esiste una vera e propria dittatura priva di senso e di logica anzi, di buonsenso, mediante cui una minoranza cerca in tutti i modi di stravolgere la vita e non solo di una robusta maggioranza che ha il difetto di essere silenziosa e di pensare, soprattutto, a lavorare visto che per scendere in strada a protestare bisogna perdere ore di lavoro, di guadagno e non sono tutti parassiti come una certa fetta di popolazione guarda caso spesso stipendiata da uno stato che non ha nemmeno più il diritto di definirsi tale non avendo più alcuna sovranità.
A me e a molti come me, Vannacci compreso, questo mondo così com'è e, in particolare come e dove sta andando, non ci piace. E non perché siamo golpisti, fascisti, razzisti, omofobi o altro. Più semplicemente perché ci rendiamo conto che va alla rovescia e che ciò che sarebbe giusto è diventato ingiusto e ciò che dovrebbe essere normale è diventato sinonimo di anormale, offensivo e penalmente perseguibile. Non si possono più usare le parole con cui siamo stati cresciuti e, perdonami, anche allevati, bisogna accettare cose che nessuno, in un Paese normale, accetterebbe, accogliere a decine di migliaia persone senza arte né parte solo per una solidarietà che non esiste e non perché siamo tutti cattivi bensì perché arriverà un momento in cui non ci sarà più posto né soldi per mantenere sbafo mezza umanità e non si capisce perché dovremmo sobbarcarci questo peso non essendone in grado e volendo mantenere le nostre radici. Dobbiamo accettare che i figli si comprino al supermercato prima o poi, che si prendano uteri in affitto come se fossero settimane di vacanza, che si facciano adottare da coppie di gay, lesbo, transessuali e chi più ne ha più ne metta i quali, consentimelo, non mi sembra abbiano i requisiti necessari. Io, probabilmente, non sono stato un buon padre, ma fino a prova contraria da che mondo è mondo un figlio dovrebbe avere un padre e una madre così almeno la natura richiede da sempre e se questo significa essere fascisti, beh, allora dammi una camicia nera che la indosso subito.
A scuola grazie ai soloni del ministero e ai geni della nuova stirpe, vogliono e lo dico provocatoriamente, insegnare ad essere omosessuali, non basta più essere solo comprensivi e tolleranti e questo non lo possiamo accettare. Non si insegna a indossare gli stessi abiti senza distinzione e per noi il grembiulino rosa sta bene alle femmine e quello blu ai maschietti. Le bambole, scusami, ma le lascio volentieri alle bambine e non vedo dove sia il reato dal momento che sono loro, per Natura, a partorire i figli e ad amarli oltre ogni altra cosa al mondo. Stanno facendo di tutto per far partorire anche gli uomini, nell'immaginario collettivo innanzitutto, poi anche scientificamente e chirurgicamente. Per me è un vomito e uno schifo, ma per quando ciò si dovesse avverare, sarò, fortunatamente, già nel mondo dei più. La teoria Gender è quanto di più subdolo e devastante possa esistere sulla faccia della terra e a promuoverla sono le solite lobbies Lgbtqrstuvz che esistono eccome e che vorrebbero imporci il loro modello fluido. Pensa che a me, di fluido pardon, di ibrido che, poi, è la stessa cosa, non piace nulla, nemmeno l'auto. O è a benzina e gasolio, o è elettrica. Inoltre aggiungo che anche questa mania per il Green mi sembra tutta una grandissima stronzata che arricchisce i soliti noti e annichilisce noi poveri baluba.
L'Occidente, caro Maurizio, si sta sparando sui coglioni da solo e noi italiani, poveri beoti che speravamo nella Meloni, stiamo andando in fondo al mare nemmeno fossimo il Titanic. Tutto il globo non ci considera nemmeno e noi, malvagi visi pallidi, facciamo riforme interne ed esterne, distruggiamo la nostra identità in nome di un mondo che gli altri nove decimi del pianeta nemmeno hanno interesse a promuovere e se ne sbattono. La verità è che contano solo i soldi e tutta questa idealità se ne va a puttane anche a sinistra quando c'è da fare denaro.
Quindi e concludo, ma ci sarebbe da scrivere un libro, lascia perdere i rimbrotti e il politicamente corretto. In un mondo come questo che non ci piace più e che sta realmente precipitando verso l'abisso, ognuno di noi è chiamato a fare una scelta per evitarlo o, nel tuo caso e in molti altri, per accelerarlo. Io la mia scelta l'ho fatta da un pezzo, da quando, nel lontano 2010, lasciai il quotidiano dove lavoravo a 3400 euro al mese perché ero stanco di fare, appunto, questo mestiere come un qualsiasi e lo dico con profondo rispetto, impiegato del catasto. No, fare il giornalista è anche usare autonomia di pensiero e indipendenza di giudizio e non dover dire sempre di si. E io, a dire la verità, dico il più delle volte, ormai, NO.