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Se è vero che ogni crisi genera nuove opportunità, quello per la Lucchese potrebbe essere il momento adatto per strutturare nuove idee e progetti dopo la cocente, quanto fortunata retrocessione in serie D culminata con il ripescaggio estivo. A cominciare dal nuovo Porta Elisa fino all’ingresso potenziale, già palesato nei mesi scorsi, di nuovi azionisti in grado di apportare nuova linfa al club rossonero con i suoi oltre cento anni di storia calcistica. Può essere davvero il momento della rinascita per la squadra del presidente Russo?
Il mondo del calcio, del resto, è pieno di scommesse. Come quelle puramente sportive dei bookmaker online in stile Codere e quelle che attengono alle sfera degli investimenti. I soldi rappresentano l’elemento comune per entrambe. Così come la strategia. La vincita finale, in caso di scommesse, o il profitto per gli azionisti, in caso di successo economico, sanciscono in maniera darwiniana l’abilitazione a rimanere sul campo per continuare a competere con gli avversari. Vediamola, allora, questa scommessa, o quanto meno questo tentativo di futuro, sperando non sia un bluff.
I convulsi mesi estivi si erano innanzitutto evoluti con le notizie provenienti dalla east cost atlantica, con l’interessamento ormai noto della North Sixth Group di Matt Rizzetta, in cerca di un club italiano da rilevare dopo l’esperienza molisana come socio del Campobasso. A spuntarla è stato l’Ascoli, diventandone socio al 31%. La soddisfazione dei sostenitori bianconeri con il nuovo ingresso a stelle e strisce è da verificare nel futuro prossimo ma quel che è certo riguarda la tendenza ormai consolidata degli investimenti americani nel calcio italiano. Perchè se è vero che altre squadre sparse dalla Serie A al Campionato Nazionale di Lega Pro parlano inglese, vedi Roma, Venezia, Parma, Spezia, Pisa, Spal e altre ancora, anche la Lucchese è stata nel mirino per una potenziale cessione, parziale o totale. Una meccanica calcistica che riflette l’ingerenza ormai costante di capitali stranieri al sistema paese. Calcio incluso. Del resto anche ville e dimore dell’immenso patrimonio storico-artistico lucchese sono sempre più appetibili da investitori statunitensi e canadesi.
Quel che è noto riguarda le affermazioni di settembre del DG Santoro in risposta ad un tifoso rossonero su Facebook. L’interessamento esiste e riguarda diverse aziende italiane. Tra queste spunta perlomeno il settore di appartenenza. Si tratta di una cartiera interessata a entrare in società. E il distretto del lucchese con oltre 300 imprese di comparto non ha bisogno di spiegazioni. Del resto, aziende internazionali del calibro di Lucart, sinonimo encomiabile del Made in Italy, sono l’esempio di realtà solide che possono pensare a investimenti strutturali. L’importante, aggiunge Santoro, è che si tratti di progetti pluriennali che possano assicurare solidità e continuità ad una società e ad un pubblico che merita rispetto.
Che dire invece di altre figure di spicco, per quanto fugaci o impercettibili, come Joel Esciua, finanziere internazionale che sempre in estate aveva palesato un interesse plausibile per il club rossonero? Il brooker anglo-brasiliano era presente al Porta Elisa in occasione della sconfitta delle pantere con il Cesena. I soliti rumors paventano il solito interessamento di Joel per la Lucchese dopo il disinteressamento per il Livorno. La Toscana nel mirino, insomma. Quello stesso Joel partecipe alla presentazione del progetto avveniristico Nuovo Porta Elisa: investimento da 36 milioni come volano per la squadra e per l’economia locale. È il famigerato modello inglese: quello degli impianti multifunzionali che ormai domina in terra d’Albione. Sempre che non si tratti di una imitazione completamente sradicata, in una paese come l’Italia con un contesto sociale, economico e aggregativo distante anni luce dall’UK.
Intanto vale la pena chiedersi quanto valga realmente la Lucchese. Qual è il suo valore e quanto è lecito chiedere per acquisire il club? Stando alle rilevazioni del team internazionale Transfermarkt, la squadra toscana del presidente Russo ha un valore stimato di 3,23 milioni, con un’eta media della rosa pari a 22,7 anni. La cifra riguarda quindi esclusivamente il parco giocatori ma rappresenta un punto di partenza per avanzare stime plausibili. Gli atleti di maggiore prestigio, sempre dal punto di vista delle quotazioni di mercato, sono almeno cinque: Niccolò Belloni (250mila euro), Nicholas Bensaja (200mila euro), Elia Visconti (200mila euro), Matteo Bianchi (200mila euro) e Tommaso Cucchietti (200mila euro). Federico Zanchetta, in prestito dalla Spal, è invece il top player sul piano delle quotazioni con un valore di mercato stimato in 300,00 euro.
Analizzando la rosa per reparti della stagione 2021-22, il totale degli oltre 3 milioni di euro è ripartito come segue: valore di mercato dei portieri, 325mila euro; difesa: 1,05 milioni; centrocampo 295mila euro; attacco 295mila euro. L’età media dei singoli reparti è di 23,67 per i portieri, 21 per i difensori, 21,71 per i centrocampisti e 22,22 per gli attaccanti. In Lega Pro girone B la squadra con maggior valore è invece il Modena con oltre 7 milioni di euro: quel Modena vittorioso per 2-1 nella sfortunata gara al Braglia con Marotta mattatore al ‘95.
Dove può arrivare la Lucchese in campionato, ma soprattutto, fino a dove può crescere dal punto di vista del management e della solidità economica? Il progetto del Nuovo Porta Elisa può essere un indicatore di intenti? Ci sono reali investitori pronti a investire nel club e, per finire, la squadra di Pagliuca sarà capace di preservare la permanenza in Lega Pro come elemento minimo di appeal per progetti futuri? Se è vero che ogni crisi genera nuove opportunità, la mancata retrocessione può essere l’incipit per riprogrammare nuovi orizzonti sportivi ed extra sportivi. Non resta che augurarti buona fortuna, Lucchese.
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Molto opportunamente credo, domenica si discuterà a Lucca in una conferenza di storici ed esperti di “segni e cicatrici del secolo breve in questo inizio di XXI secolo”. La pandemia e poi il ritorno della guerra in Europa sembrano riportare indietro le lancette della storia al periodo peggiore del XX secolo. Fascismo, comunismo, nazionalismo, imperialismo, tutti i peggiori “ismi” sembrano riproporsi oggi tragicamente. Bisogna tornare a combatterli?
Ma la storia - lo sappiamo - non si ripete mai nello stesso modo, anche se pretende spesso di farlo. Fascista oggi Putin che pretende di “denazificare” l’Ucraina, imperialista oggi la Russia del nuovo zar, ma anche la Cina? E la guerra “ibrida” contro l’ Ucraina, scatenata da una potenza nucleare, guidata da un ex capo del KGB che riprende la politica degli zar appoggiandosi ad una strumentalizzata Chiesa ortodossa e rivalutando la figura di Stalin, l'“affamatore” storico nel 1930/32 dell’Ucraina, come qualificarla ?
Si ha l’impressione che quelle categorie oggi rivestano contenuti diversi da quegli originari, anche se sicuramente più inquietanti. Ma qualcosa in comune col XX secolo c’è. Ed è a mio avviso qualcosa di molto profondo. C’è qualcosa di astratto e disumano lasciato in eredità dal cd. “secolo breve”. Altro che segni e cicatrici!
Forse sta arrivando ora qualcosa che i totalitarismi avevano annunciato e quasi nessuno aveva previsto. Ora cosa altro avevano annunciato i totalitarismi europei del XX secolo, se non il disastro inevitabile che si verifica laddove l’Idea prende il posto della Storia e della vita reale e laddove all’umanesimo, che richiede sempre concretezza, subentra l’Idea politica o tecnologica che si esprime sempre con l’astrazione, quella che oggi si esprime, al livello, più alto in una “guerra assoluta”, che sembra insofferente di vincoli e limiti e non sembra lasciare spazio a negoziati e tregue, ma sembra puntare ad una “vittoria finale” che somiglia sempre di più ad una “soluzione finale” ?
Una guerra in certo senso “apocalittica”, cioè rivelatrice di ciò che sta diventando la società globale, non più qualificabile con una connotazione sociale ( borghese, capitalistica, socialista, comunista ecc.) ma solo con una connotazione culturale antropologica, come “società dell’astrazione”, cioè come una società in cui strumenti tecnologici potentissimi, non più sopportati da alcuna responsabilità umana e morale, riescono a render possibile un dominio completo della realtà e consentono di esprimere una volontà di potenza nichilistica che non conosce più limiti.
E se è così la lotta per la pace, ma anche per il ripristino del dialogo umano che si chiama politica, non può allora passare non attraverso gli strumenti – di per sé inservibili - della politica o della ideologia, ma attraverso un rinnovamento dei paradigmi culturali e antropologici su cui sono costruite le relazioni umane e sociali, per espellerne la morbosità pandemica che le ha infettate. Avevamo costruito nella seconda metà del secolo breve uno strumento che doveva servire a questo: la costruzione europea, un grande mutamento istituzionale e culturale nato per assicurare giustizia e pace, ancor prima che libertà e prosperità. Il dramma è che anche questo strumento è finito per diventare una costruzione retta da principi astratti, sempre più extra-umani, ed extra-sociali, addirittura da leggi fatte da numeri, come le pianificazioni staliniste.
L’UE ha gradualmente smarrito il carattere di comunità con cui era nata e per divenire addirittura un “soggetto estraneo” per molti cittadini italiani o di altri Stati. Come avrebbe potuto ostacolare, non diciamo impedire, la guerra? E’ a questi principi che bisognerebbe ritornare, per uscire poco alla volta dalla “società dell’astrazione” che mette le cose e la tecnica sempre prima delle persone ( non lo avevamo visto anche coi fili spinati alle frontiere? non lo avevamo visto nella incuria e nell’abbandono dei sistemi sanitari pubblici?), che colloca l’“intelligenza” nelle cose e dissipa l’“intelligenza” delle persone, che distrugge quella “società della cura” che è stato sinora il vero motivo della specifica attrazione che l’ Europa ha esercitato su tutto il resto del mondo, Stati Uniti inclusi.