Politica
E nun ce vonn' sta
Un tempo, quando i cori da stadio erano meno sofisticati e si usava la “W” per dire “VIVA” e la si rovesciava…

La opposizione “nel suo labirinto”
Buona Pasqua a te e a tutti i lettori. Buona Pasqua alla maggioranza che esulta ed esalta il “bottino” che la Giorgia ha messo…

FdI Lucca: passaggio di consegne nel coordinamento provinciale
Passaggio di consegne tra Guido Bulleri, che entra a far parte del Coordinamento Comunale di Lucca di FDI, e Luca Bianchi che gli subentra nel coordinamento provinciale. Guido…

Taric 2025: aumenti contenuti grazie al recupero dell'evasione e a un contributo del Miur
E' iniziato questa mattina (18 aprile) nella commissione congiunta Politiche di bilancio e sviluppo economico del territorio con la commissione di Indirizzo e controllo sugli enti, aziende e istituzioni partecipate l'iter che porterà all'approvazione delle tariffe della Taric per il 2025

Aggressione a Lucca, Guidotti (Pd): “La sicurezza non ha colore politico: solo un confronto costruttivo può arginare il problema”
Quanto successo in via del Battistero non fa che confermare il momento di disagio e di impoverimento culturale che sta attraversando il nostro Paese e che…

Vietina: "Sicurezza: la destra lucchese alza le mani e si arrende"
Nel centro storico della nostra città è stato nuovamente teatro di un grave fatto di violenza: un accoltellamento che ha scosso profondamente la comunità e riportato all'attenzione pubblica…

Aggressione, Giannini (Pd): "Solite esagerazioni, Lucca non è una città da blindare e basta con le esternazioni di casalinghe frustrate"
Come ormai da tradizione consolidata, anche questa volta, di fronte a notizie di cronaca particolarmente eclatanti, una certa lucchesità non perde occasione di confermare i più bassi istinti…

Una mostra, la presentazione di due libri e visite guidate al palazzo: ecco le iniziative della Provincia per l'80° anniversario della Liberazione
La Provincia di Lucca e la Scuola per la Pace festeggiano gli ottanta anni della Liberazione con una serie di eventi, che ruotano attorno alla mostra 'Clero, guerra, resistenze in…

Garante Infanzia e Adolescenza: Cultura della legalità, conclusa la prima azione formativa nelle scuole di Capannori nell'ambito del Protocollo di intesa
Ieri, martedì 15 aprile, l'incontro dedicato all'uso consapevole delle tecnologie digitali rivolto a personale scolastico e famiglie degli studenti degli istituti del territorio comunale

Fratelli d'Italia chiede un incontro urgente al prefetto: "Sicurezza e vivibilità del territorio devono camminare insieme"
Il Coordinamento comunale e provinciale di Fratelli d'Italia, insieme al capogruppo in consiglio regionale Vittorio Fantozzi, ha richiesto un incontro urgente con il prefetto e il questore…

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Sull’incriminato libro “Il Mondo al Contrario”, del “generale più famoso d’Italia”, una delle voci più attive appartiene ad Andrea Scanzi, scrittore e conduttore televisivo. A differenza dell’interessato, che arriva anche a teorizzare il divieto di manifestazione di opinioni che non siano le sue, per me è libero di dire ciò che vuole, ma ove castronerie storiche dita, mi corre l’obbligo di annotarlo.
Orbene, nel disquisire sul “vannaccismo”, ne individua le radici nel “fascismo” dell’ambiente di lavoro e, segnatamente, dei reparti – “Folgore” e “Col Moschin”, ove avrebbe prestato servizio il nostro. Andiamo con ordine.
Gli arditi. Nati prima del fascismo (1916/17), vi aderirono in parte, ma crearono sull’altro fronte del biennio di caos post-bellico, gli “arditi del popolo”. Il fascismo s’impossessò di simbolismi e mito, a volte in modo patetico;
La “Folgore”. Piena di esponenti dell’antica nobiltà, e di ufficiali “permanenti”, era decisamente più fedele al re che a Mussolini. L’Erede “Nembo”, all’8 settembre, registrò la defezione del XII battaglione e di parte del III – da cui si dissociò la 9^ compagnia del cap. Gay, che rimase fedele al re. Il resto della divisione combattè contro i tedeschi nel 1° Raggruppamento Motorizzato, reclamando di farlo, unitamente agli eredi degli arditi, quel IX Reparto d’Assalto che riprendeva il nome dell’unità alla cui guida l’allora maggiore Giovanni Messe riconquistò i colli Fagheron, Fenilon e Moschin sul Grappa, nel 1918. Successivamente l’intera “Nembo” fu nel Corpo Italiano di Liberazione, combattendo a Orsogna e Filottrano. Alcuni di questi paracadutisti operarono anche a sostegno di unità partigiane, raggiungendole con aviolanci, per portare radio, denaro, armi. Qualcuno morì, e l’ANPI lo rivendica come “partigiano combattenti”. A proposito, è ormai storicamente provato che morirono più soldati con le stellette, che partigiani, e che fra questi tanti erano militari in servizio permanente che si unirono alle formazioni partigiane non potendo raggiungere il sud. Dopo l’esperienza del C.I.L. la “Nembo”, col “S. Marco” – sicuramente per Scanzi altro ricettacolo di fascisti – costituì il gruppo di combattimento “Folgore”. Questo fece la sua parte, fino ai duri combattimenti di Grizzano, eseguendo anche lanci – con lo Squadrone “F” di Gay – dietro le linee tedesche nell’imminenza della fine della guerra.
Con la Repubblica di Salò combatterono dei paracadutisti, è vero, ma anche marinai, bersaglieri, alpini, aviatori, pescivendoli e spazzini, ortopedici e elettricisti (col rispetto massimo per queste professioni), e tanti altri poi passati ai partigiani.
Il “Col Moschin” è l’erede di quel IX Reparto d’Assalto.
Con ciò questo storico, tradizionale “fascismo” dei paracadutisti non ce lo vedo proprio. La maggior parte rimasero fedeli al re e non seguirono Mussolini, a Salò. Oddio, Dario Fo, come ho ricordato, faceva parte di battaglione paracadutisti di Salò, forse s’è trattata d’infatuazione di gioventù?
Non mi pare che unità della brigata “Folgore” siano state mai coinvolte in “trame nere”, o tentativi di golpe, e – quel che più conta – in giro per il mondo hanno fatto la loro parte al servizio dell’Italia, qualunque sia stato il credo politico dei singoli, tenuto nell’intimo
Mi pare invece che Giorgio Bocca, come Fo, e tanti altri, un passato “salottiero” o comunque “fassista” l’abbiano avuto. E allora perché Scanzi, e i suoi sodali, mai ne fanno menzione? Al solito per ammannire alle torme d’incolti pecoroni una verità semplice da confezionare, della quale è però rigorosamente proibito scartare l’involucro, che altrimenti andrebbe tutto in pezzi.
La smetta quindi d’infangare la “Folgore” e una categoria di persone, che il sangue l’ha buttato. Mai come per lui si attaglia il gesto di Bonucci – bocca aperta e indice che vi rotea dentro – dopo il goal.
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Leggendo la notizia mi è venuta in mentre questa vecchia canzone partigiana composta da Nuto Revelli, ufficiale degli alpini pluridecorato in Russia, comandante partigiano, scrittore. Riprendeva un vecchio modo di dire degli alpini nel descrivere la crudezza della guerra in alta montagna, quando nel nemico ci s’imbatteva a distanza ravvicinata, e non v’era spazio per considerazioni umanitarie, e la vita di uno doveva significare l’uccisione dell’altro.
A questo ho pensato leggendo dell’uccisione del capo militare di Hamas, Yahya Sinwar, cui Israele l’aveva giurata. È morta la pietà per il nemico, che è solo animale da braccare e stanare e abbattere, da “terminare”. Prigionieri non se ne fanno.
Ma la mia non è una critica, e la riduco a semplice constatazione, non ritenendo d’avere il diritto di giudicare se sia giusto ed etico, cercare, braccare e abbattere l’avversario senza minimamente pensare alla possibilità di catturarlo.
E credo che chi ritenga di dover biasimare l’avversario, in questo caso Israele, che non concede quartiere e non lascia scampo, dimentichi un particolare.
Sinwar ha – come si dice nella terminologia militare – “concepito, organizzato e condotto” la mattanza del 7 ottobre. Poco conta che abbiano o meno ragione “ProPal”, terrapiattisti e negazionisti a ritenere che Israele sapesse e abbia accettato l’alea di ritrovarsi con 1200 morti, qualche centinaio d’ostaggi, e tutte le brutalità documentate di quel giorno maledetto.
Sinwar quell’attacco l’ha voluto e diretto. Ha voluto e diretto un’azione che era contro ogni norma del diritto bellico. Un’operazione militare ove l’onore è stato accantonato. Con questo si è messo in condizione di non dover essere rispettato come combattente, e non meritare nulla. Neppure la pietà. Ha rifiutato quello spirito cavalleresco, di galantuomo, che dovrebbe comunque permeare il soldato, nobilitarlo, renderlo diverso dall’assassino.
Avesse organizzato rapimenti di soldati, distruzione di carri, aerei, installazioni militari, anche trucidando senza pietà chi ne costituiva equipaggio e armamento, avrebbe avuto dei diritti. Con ciò che ha consentito di fare ai suoi uomini, li ha trasformati in assassini. E si è assunto l’onere di essere il primo di questa categoria. E poiché tanti dei suoi uomini son stati braccati, stanati e uccisi, a lui doveva toccare stessa sorte.
E se anche gli israeliani sono tali – ammesso che lo siano – a quel punto fra lui e i suoi “eliminatori” a mio parere la questione poteva essere risolta solo applicando la legge del più forte, che vince e prende tutto. E Israele si è preso tutto, anche la vita di Sinwar.
Ho visto la sofferenza dei palestinesi, non lo nego, ma soffrire non diminuisce la propria responsabilità quando ci si trasforma in torturatori, violentatori, massacratori di donne, vecchi e bambini. E a nulla serve che il nemico lo abbia fatto. La civiltà o ce l’hai o non ce l’hai. E devi ricordarti di averla anche quando il nemico dimostra con evidenza che non ne ha. Se è vero che non ne ha avuta.
Per cui Sinwar, a mio parere, per ciò che ha avuto il “pelo sullo stomaco” di “concepire, organizzare e condurre”, non meritava di rimanere in vita. E forse son più categorico e duro io che Israele, nei suoi confronti.
Il dio d’Israele, Javeh, non ammette il perdono, il nostro dio cristiano sì.